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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 066

Maria Giovanna Pierattini

Vien via, si va in America, si parte. Un secolo di emigrazione pistoiese: storia e storie, itinerari e mestieri (con particolare attenzione all’area di Sambuca Pistoiese).

ISBN 88-87296-49-9, 2002, pp. 144, formato 170x240 mm., € 15,00 – Collana “Studi e ricerche” [5].

In copertina: Compagnia di navigazione Grande Espresso. Italia–New York. Manifesto “Lloyd Sabaudo”, conservato nell’Archivio Comunale di Piteglio (PT).

indice - presentazione - autore - sintesi

15,00

 

Introduzione

I primi flussi migratori del territorio pistoiese sorsero come esigenza legata alla pastorizia transumante instaurando un ciclico rapporto di complementarità economica tra l’area di partenza, rappresentata soprattutto dal territorio della montagna, e i paesi di destinazione, le Maremme toscane, dove gli emigranti si recavano periodicamente, seguendo il ritmo delle stagioni.
I pistoiesi, esperti anche nella lavorazione del ferro e nella produzione del carbone vegetale,1  furono molto apprezzati per la loro abilità professionale e, nella prima fase, si spostarono più per esigenze dettate dall’esercizio del proprio mestiere che per necessità, gettando le basi di una lunga tradizione migratoria che poneva le proprie radici nel secolo XVI.
Successivamente, l’emigrazione si estese ad una massa sempre più numerosa di individui senza una precisa qualificazione professionale che cercavano lavoro come braccianti, contadini e carbonai per integrare le magre entrate e consentire così alla famiglia di sopravvivere per tutta l’annata.
Sempre più a partire dalla fine del ’700 gli spostamenti stagionali fecero parte del ciclo annuale di occupazione e costituirono, per la popolazione montana, come dice Corsini, un indispensabile fattore di sussistenza.2 
Questo flusso, che gli autori definiscono di “ancien régime”,3  vide con la Restaurazione aumentare il numero degli spostamenti verso la Corsica e cominciare il movimento diretto in Sardegna.
Nel periodo postunitario ebbe inizio un nuovo tipo di emigrazione che allargò il raggio dei propri spostamenti fino ad arrivare oltreoceano, trasformandosi da stagionale in temporanea.
Dal 1890 al 1900, l’emigrazione transoceanica, diretta soprattutto verso il Brasile e gli Stati Uniti d’America, superò quella continentale.
Anche nel Pistoiese l’America non fece la sua comparsa in modo improvviso tanto che, alla base dei frequenti viaggi attraverso l’oceano che intrapresero questi emigranti, possiamo intravedere, con alcuni autori, una cultura della mobilità profondamente radicata.4 
Nel primo decennio del nuovo secolo l’emigrazione all’estero, crebbe in modo considerevole fino a contare, secondo i dati del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, quasi 5.000 persone; in particolare si registrò un notevole aumento degli spostamenti verso i paesi europei, Francia, Austria, Svizzera, e quelli dell’area mediterranea, Algeria e Tunisia. Continuò anche l’emigrazione transoceanica, ma in misura più ridotta rispetto al periodo precedente.
La storia dell’emigrazione pistoiese, con le sue caratteristiche, modalità e analisi delle sue cause, finora sintetizzate in queste brevi note introduttive, costituiscono il nucleo centrale della ricerca che si completa, nell’ultima parte, con elementi in parte nuovi, in parte già presi in considerazione, ma verificati attraverso le esperienze e il vissuto dei protagonisti intervistati. L’emigrante, che fino a qualche decennio fa si configurava nell’immaginario collettivo e nell’iconografia tradizionale come un povero individuo sottomesso ad un destino di miseria, presenta nelle storie di vita riportate in appendice, connotazioni diverse, tanto da apparirci non più come un oggetto dell’emigrazione, in balia degli eventi e succube della vita, ma un dignitoso artefice della propria esistenza.5 
Elemento costante negli uomini di queste storie è il desiderio di muoversi, di partire senza tuttavia, rinunciare al legame con la propria terra dove torneranno dopo alcuni anni. L’emigrazione pistoiese, infatti, come quella di tutta l’area toscana, compresi gli spostamenti transoceanici che comportavano una pluriennale permanenza all’estero, conservò in genere, un carattere temporaneo. Nonostante i sacrifici e le sofferenze, fu proprio il movimento migratorio a consentire alla società rurale montana di sopravvivere a lungo, integrando e sostenendo la debole economia della zona.
L’emigrazione, fenomeno largamente e massicciamente diffuso su tutto il territorio italiano, ricoprì, anche nell’ambito dell’economia nazionale, un ruolo importante tanto da essere definita come «una delle sue industrie naturali».6 
Gli spostamenti stagionali, che nel Pistoiese per tutto il periodo preso in esame continuarono a sopravvivere a fianco dell’emigrazione temporanea a raggio più o meno lungo, influirono anche su alcuni aspetti demografici della zona, come i matrimoni e i concepimenti7  oltre che sulla vita quotidiana, instaurando un legame culturale tra l’area di partenza e quella di arrivo.8 
L’emigrante, infatti, che si recava periodicamente sempre negli stessi luoghi, contraeva nuove abitudini e arricchiva le proprie conoscenze, scambiando con la nuova comunità esperienze, costumi e usanze.
Le migrazioni sono state interpretate da Corsini,9  come istanze ambientali; pensiamo di non commettere errori nell’estendere questo concetto a tutto il fenomeno emigratorio, vedendo in esso anche «un riflesso (mediato dagli stessi modi di insediamento sulle diverse parti di un territorio) delle modificazioni, nel tempo delle norme che regolano la vita associata».10 
La ricostruzione generale della storia dell’emigrazione pistoiese, dai primi decenni del secolo scorso fino ai primi anni del nuovo secolo, è stata consentita dalla copiosità del materiale attinto all’Archivio di Stato Pistoia e all’Archivio di Stato di Firenze, anche se non è stato possibile accedere a tutti i documenti della Prefettura di Firenze, in quanto parzialmente distrutti o deteriorati.
Anche l’Archivio Storico Comunale di Sambuca è stato gravemente danneggiato e presenta una disorganicità e povertà delle fonti documentarie; a ciò si è potuto supplire con ricerche su registri e manoscritti dell’Archivio Diocesano di Pistoia, degli Archivi Parrocchiali di Pavana, Treppio e Torri, S. Pellegrino al Cassero, Monachino (già Pian del Toro) e dell’Archivio Comunale di San Marcello, non sempre accessibile, oltre che con la consultazione di testi specifici e di carattere generale, di periodici e riviste di storia locale.


Riassumendo, la ricerca è stata suddivisa in tre parti: la prima introduttiva che riguarda l’area montana e i lavori del bosco; la seconda, in cui si è cercato di ricostruire una storia generale dell’emigrazione pistoiese, anche attraverso tutta una serie di tabelle desunte dall’elaborazione delle fonti archivistiche, la terza, nella quale lo studio si è concentrato sul territorio di Sambuca, area interessante poiché, nel periodo 1904-1907, presentava, tra le comunità dell’Appennino Toscano, il quoziente migratorio più elevato unitamente alle comunità di Sillano in Garfagnana e Bagnone in Lunigiana.11 
Segue, infine, un’appendice documentaria con una raccolta di materiale diretto come testimonianze orali e fotografie di emigranti che va a concludere una ricerca basata sulla storia di un’area montana e dei suoi abitanti, di quel grande numero di individui senza nome che non compare sui manuali, una sorta di “microstoria” che si innesta nel panorama storico del XIX secolo.

1 Per la lavorazione del ferro nel pistoiese e nel bolognese, si vedano in particolare: AA.VV., L’industria del ferro e del rame nel territorio pistoiese, impianti, strumenti e tecniche di lavorazione dal Cinquecento al Novecento, Pistoia, Istituto Storico della Resistenza 1982. ANTILOPI A. - ZAGNONI R., L’industria del ferro e del rame nella montagna bolognese, prima parte, in «Nuèter» n. 25, Porretta Terme, 1987, pp. 97-112. Inoltre: BRESCHI R., Attività economiche e modificazioni territoriali: gli effetti dei provvedimenti leopoldini nella montagna pistoiese, in Il territorio pistoiese e i Lorena tra ’700 e ’800 viabilità e bonifiche, a cura di TOGNARINI I., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane,1990, pp.191-199. ID., Cicli imprenditoriali e permanenze storiche sul territorio della Montagna Pistoiese 1765-1860, in «Storia urbana», n. 9, Milano, 1979.
2 CORSINI C., Le migrazioni stagionali dei lavoratori nei dipartimenti italiani del periodo Napoleonico (1810-1812), in Saggi di demografia storica, Università degli studi di Firenze, p. 129.
3 PIZZORUSSO G. - SANFILIPPO M., Le migrazioni internazionali dal Medioevo all’età contemporanea: il caso italiano. Rassegna storiografica sui fenomeni migratori a lungo raggio in Italia dal basso medioevo al secondo dopoguerra, in «Bollettino di demografia storica», n. 13, Bologna, 1990, p. 37.
4 GIBELLI A., Andare per funghi, trovare l’America, in La via delle Americhe. Emigrazione ligure tra evento e racconto, Genova, Sagep, 1989, p. 10; cfr. DADA’ A., Lavoratori dell’Appennino toscano in Corsica nel secolo XIX, in «Altreitalie», n. 12, Torino, 1994, p. 29.
5 In tal senso si vedano gli autori: AUDENINO P. - CORTI P., L’emigrazione italiana, Milano, Fenice 2000, 1994. FRANZINA E., Italiani al Nuovo mondo, Milano, Mondadori, 1995.
6 DADA’ A., Emigrazione e storiografia. Primi risultati di una ricerca sulla Toscana, in «Italia contemporanea», n. 192, Milano, 1993, pp. 487-488. BRESCHI M., Una comunità nell’Ottocento. Nascere, vivere, morire a Treppio, in «Farestoria» n. 2, Pistoia, 1994, pp.29-36. CORSINI C., op. cit., pp.130-133.
7 CORSINI C., op. cit., p. 130.
8 FERRETTI, R., La Maremma senza maremmani. Il pistoiese come alleato del diavolo”. Storia di sedimentazioni culturali attraverso la memoria storica e la narrativa orale subalterna, in Campagne Maremmane tra ’800 e ’900, Atti del convegno “Agricoltura e Società nella Maremma tra ’800 e ’900”, Grosseto, 19-20 giugno 1981, ed.Centro 2P-Firenze, 1983, p. 272.
9 CORSINI C., op. cit., p. 141.
10 Ibidem.
11 DADA’ A., Emigrazione e ..., op. cit., p. 493.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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