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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 255

Domenico Segna

Un caso di coscienza. Giuseppe Gangale e “La Rivoluzione protestante”

ISBN 978-88-7588-154-2, 2016, pp. 128, 140x210 mm., Euro 15.

IIn copertina: Busti di Giovanni Calvino nel Museo della Riforma a Ginevra.

indice - presentazione - autore - sintesi

15,00

 Nel 1925, raccogliendo l’invito di Piero Gobetti, un giovane intellettuale calabrese pubblicò un testo destinato a restare sepolto per decenni nella bibliografia storica e filosofica del nostro Paese: esso si intitolava “semplicemente” La Rivolu­zione protestante. L’autore, Giuseppe Gangale, un laureato in filosofia presso l’Università di Firenze, collaboratore prima ma, dopo pochi mesi dalla sua entrata in redazione, vero e proprio cuore pulsante di una delle migliori riviste di matrice protestante degli anni Venti, Conscientia, tentò di unire la propria fede evangelica, improntata sulla teologia calvinista, con il paradigma filosofico hegeliano. Muovendo da questo presupposto pose, in modo radicale rispetto ad analoghi precedenti tentativi, il problema della “mancata” Riforma in Italia. Il Risorgimento, per questo filosofo meridionale, era fallito perché non sostanziato da una fede religiosa la sola che avrebbe potuto e dovuto trovare nel verbo del riformatore ginevrino del Cinquecento la sua punta di diamante per trasformare, plasmare, forgiare una nuova mentalità negli italiani affetti da secoli da un “male oscuro” identificato dallo stesso Gangale nel “cattolicismo”.

Il presente lavoro verterà sulla figura di questo intraprendente seguace di Giovanni Calvino, membro della Chiesa Battista durante gli anni Venti del Novecento, allorquando la crisi culturale e politica dell’Italia raggiunse il suo vertice con l’avvento del fascismo e con la conseguente instaurazione di un regime totalitario. Il saggio si soffermerà sulla colla­borazione intellettuale ed editoriale con l’amico Piero Gobetti, fondatore e direttore de La Rivoluzione liberale, dopo aver delineato rapidamente il clima culturale di inizio secolo. Seguirà la messa a fuoco dell’originale personalità di Gangale esaminando, soprattutto, i suoi rapporti con la cultura neoidealista dell’epoca, le sue considerazioni critiche nei confronti dello hegelismo di Croce e Gentile e della crisi modernista. Si analizzeranno, pertanto, in particolare sia la direzione gangaliana della rivista evangelica Conscientia (il ruolo che essa ebbe nella temperie culturale di quel tempo), che il di­battito sulla “mancata Riforma” in Italia. In merito a quest’ultima, si prenderà in esame, appunto, l’opera di Gangale La Rivoluzione protestante e si metterà in luce le sue acute analisi sul “caso Italia”, paese intrinsecamente cattolico nonostante il Risorgimento e la distruzione del potere temporale dello Stato Pontificio. Si tratterrà, inoltre, dell’hegelo-calvinismo di Gangale delineando l’evoluzione del suo pensiero teso a stabilire un asse privilegiato che origina dai Riformatori del XVI secolo – Lutero e Calvino – per giungere ad Hegel e Marx.

Si evidenzierà, quindi, quel filo rosso che, a dire del Nostro, lega il filosofo di Treviri con il riformatore di Ginevra dalla cui esperienza religiosa e politica è nata la civiltà moderna. Tesi, questa di Gangale, che talvolta è più prossima ad un uso quasi simbolico della parola “Riforma” (l’idea di un “Marx calvinista” è certamente unica nella storia del dibattito sulle origini storiche e filosofiche dell’autore de Il Capitale), anziché ad un’analisi storica nel senso stretto e rigoroso del termine.

In merito, una conversazione con il teologo e pastore valdese Paolo Ricca aiuterà a focalizzare ancor di più l’importanza che ebbe Giuseppe Gangale sulla storia del piccolo protestantesimo italiano del Novecento, importanza che si riverbera nella relazione intellettuale che con lui ebbe il più grande teologo protestante del secolo scorso: Giovanni Miegge.

Da ultimo, una piccola ma essenziale antologia di brani tratti da La Rivoluzione protestante aiuterà a far entrare il let­tore a contatto con una testimonianza di un modo di argomentare proprio dei primi decenni del XX secolo. Esso si pone come una specie di sensibilissimo sismografo di una crisi morale ben più radicale di quanto non si possa immaginare di primo acchito, la quale affonda le proprie radici nel fatto che, in Italia, la Riforma Protestante fu soffocata da una coltre di ipocrisia, di persecuzione, di paura di dare libera voce alla propria coscienza, nonostante che, nel Cinquecento, fossero diffusi in tutta la penisola consistenti gruppi o movimenti evangelici1.

Contabilmente parlando i roghi degli eretici furono meno di quanto il luogo comune accredita, ma quelli che ci furono bastarono a determinare un paese attento soprattutto al piccolo cabotaggio di ogni giorno, quantunque non manchino notevoli momenti storici di indubbio valore morale, come la Resistenza, che non vanno né dimenticati, né sottovalutati né tanto meno spregiudicatamente rivisitati per motivi di opportunità politica o per un malizioso modo di intendere il revisionismo storico che non significa “riscrittura”, ma ulteriore scavo partendo da dati storici inoppugnabili. Giuseppe Gangale, si scontrò con questa mentalità che è ancora la nostra dopo oltre novanta anni da che il fascismo raggiunse il potere. Egli fu e resta essenzialmente un caso di coscienza.

Di questo gliene siamo ancora grati.

***

1 S. Caponetto, La Riforma protestante nell’Italia del Cinquecento, Claudiana, 1992. Testo che smonta la tesi che l’Italia del secolo XVI non fu toccata dal vento della Riforma.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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