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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 316

Claudio Iozzo

Il silenzio malato. Storie di recovery in salute mentale. Introduzione di Paolo Pini.

ISBN 978-88-7588-249-5, 2019, pp. 160, formato 130x200 mm., Euro 15.

In copertina: Vasilij Kandinskij, Molle durezza, 1927..

indice - presentazione - autore - sintesi

15,00

Introduzione

di Paolo Pini

Dal 1998 il Servizio di Salute Mentale di Livorno collabora con l’Associazione Mediterraneo per favorire l’attività di ricerca finalizzata alla valutazione dei servizi dal punto di vista degli utenti. Un approccio particolare che ha favorito la formazione delle capacità speculative in persone che provano dolore psichico e che sono impoverite dalla malattia mentale o semplicemente dalle condizioni avverse della vita. Si parla di impoverimento perché i disturbi psichici, nella loro molteplicità, hanno come elemento comune quello di depotenziare la rete sociale della persona sofferente, di isolarla e di renderle difficile la ripresa, anche una volta superato il disturbo vero e proprio, a causa delle barriere culturali presenti a livello comunitario e dei processi di auto stigmatizzazione. Pure il dolore psichico è un elemento comune soprattutto nella fase in cui la persona malata non riesce a darsi una spiegazione del proprio star male o non riesce a comunicare con altre persone che la possano aiutare.

L’impoverimento ed il dolore provocato dalla situazione di disagio diventano il punto di forza dell’azione speculativa grazie all’opera di formazione alla ricerca qualitativa che favorisce la trasformazione dei ritagli di esperienza legati alla sofferenza in concetti nominabili e fruibili nella comunicazione con gli altri sofferenti e con qualsiasi altro interlocutore desideroso di cimentarsi in esperienze di comunicazione profonda.

L’effetto è affascinante sia relativamente al percorso di miglioramento della persona con disagio sia relativamente alla scoperta di concetti nuovi che possono rendere più profonda ed analitica l’attività valutativa.

La formazione degli “utenti esperti” alle tecniche dell’intervista di gruppo e, più in generale, della ricerca qualitativa è centrale. Tutto avviene in gruppo, in un clima di confidenzialità e di assenza di pregiudizio nella sede dell’associazione degli utenti di Livorno. Si alternano momenti teorici in cui si parla di metodologia della ricerca sociale a momenti esperienziali di scambio profondo di emozioni attraverso l’iterazione di racconti della propria vita con un approccio comparato. Iterazione perché, durante l’anno in cui gli utenti sono in formazione, più volte hanno occasione di raccontarsi prendendo sempre maggior controllo della storia della propria vita, fino quasi a distaccarsene a livello emotivo grazie alla narrazione. Quando l’utente esperto riesce a parlare di sé senza soffrire, padroneggiando le proprie esperienze come se fossero concetti dotati di capacità euristica, è pronto per iniziare l’attività valutativa con l’associazione Mediterraneo all’interno del servizio psichiatrico di diagnosi e cura.

Infatti, è sempre dal 1998 che un gruppetto di utenti esperti formati all’intervista in profondità, insieme a chi scrive, si reca nel reparto di psichiatria per intervistare i ricoverati sul significato che danno al loro ricovero e sulla valutazione del servizio ospedaliero deputato al trattamento delle acuzie.

Le interviste in modo anonimo vengono registrate, sintetizzate e trascritte. Le sintesi vengono inviate ai responsabili dei servizi di salute mentale cittadini perché abbiano un feedback da parte dei ricoverati.

La ricerca centrata sul punto di vista dei consumatori è un approccio conosciuto nel mondo anglosassone e nel Nord Europa ma che nella città di Livorno si è sviluppato con continuità negli ultimi venti anni e si è caratterizzato prevalentemente per due specificità: l’investimento nel gruppo dei pazienti ricercatori e non in singole persone coinvolte come consulenti; il forte legame formale e sostanziale tra l’associazione di utenti e il servizio pubblico di salute mentale. Il primo aspetto ha permesso anche alle persone con un livello di istruzione più basso, o comunque con patologie impegnative, di partecipare all’attività di ricerca di gruppo portando la loro testimonianza e imparando ad ascoltare quella degli altri. Il secondo aspetto ha permesso, ogni anno, di avviare dai dieci ai quindici pazienti al corso per utenti ricercatori favorendo il ricambio del gruppo e la diffusione di questo tipo di ricerca applicata.

Le persone che partecipano al corso per utenti intervistatori sanno che faranno un’esperienza che può durare al massimo due anni, sanno che potranno essere pagati per il lavoro che svolgeranno una volta acquisite le competenze, sanno che non diventerà il lavoro della vita ma che potranno aiutare l’associazione Mediterraneo nell’opera di valutazione dei servizi psichiatrici cittadini e tutta la serie dei servizi pubblici di salute mentale. L’organizzazione, sebbene sia pensata per potenziare i partecipanti, non facilita direttamente la professionalizzazione di pochi pazienti ed il loro impiego all’interno delle Università e dei servizi di cura in qualità di consulenti come avviene nel Nord Europa. Centrale resta l’associazione degli utenti ed il gruppo come strumento di crescita e di partecipazione a partire dalle persone che più si sono impoverite e che meno, singolarmente, avrebbero possibilità di ripresa. Chi scrive, chi ha costituito l’associazione Mediterraneo e da molti anni si impegna per promuovere la salute mentale, crede che le persone allo stato di natura siano solidali. Crede che le teorie del conflitto non siano assolutamente capaci di spiegare come gruppi di persone molto deboli riescano insieme, prima a sopravvivere, e successivamente a raggiungere traguardi incredibili. Crede che le associazioni, soprattutto quelle piccole, permettono di sperimentare ed innovare pratiche che poi possono essere consolidate dai servizi pubblici. In questo senso si teme la deriva neoliberista del mercato economico che tende a premiare la concentrazione di capitali anche nel campo della salute mentale.

Non crede, invece, al mito dell’uomo di successo che “si fa da solo” né tantomeno alle pratiche di auto cura che prescindono dallo scambio continuo e significativo con i nostri prossimi. Questo libro è la testimonianza che impariamo a conoscerci solo quando si è pronti ad ascoltare e conoscere chi ci è vicino ed ha voglia di comunicare con noi.

In questo libro sono stati raccolti dei racconti tratti da interviste in profondità condotte durante il periodo di formazione degli utenti esperti alla pratica della ricerca qualitativa. Le interviste sono state svolte alla fine del periodo di formazione quando i partecipanti avevano avuto ormai modo di familiarizzare con l’elemento della narrazione e avevano più volte raccontato parti della loro vita o della loro esperienza di disagio. Sono state selezionate quelle storie che, a detta degli stessi protagonisti, sono delle testimonianze di percorsi che vanno verso la guarigione. Un processo di guarigione assimilabile al concetto di recovery, quindi assolutamente soggettivo.

Il libro ospita pure racconti tratti da interviste in profondità a pazienti che partecipano alle attività dell’associazione Rom situata nel Comune di Kristiansand nel Sud della Norvegia. Gli scambi continui con realtà estere simili a quella dell’associazione di utenti livornese sia nel Nord Europa che nel Sud del mondo ci hanno insegnato che i modi di sentire il dolore psichico e di narrarlo in gruppo sono tanto simili quanto diverse sono, invece, le prospettive di guarigione e di inclusione sociale.

Per noi l’approccio alla guarigione nella prospettiva della recovery è caratterizzato da un processo che, da una parte, ancora la lettura dei bisogni e dei desideri di vita alla volontà della persona sofferente e, dall’altra, facilita l’approccio negoziale e dialogico tra i singoli pazienti, i loro prossimi e gli operatori della salute mentale. In altre parole, lavoriamo perché sia alimentato un sistema di relazioni che costruiscano in modo concertato il significato della parola guarigione per ogni singolo paziente e che tale significato “negoziato” sia percepito come autorevole e vincolante dai terapeuti e dalla stessa persona che soffre. Tale approccio è contrario ad una visione della psichiatria centrata sulla sola cura dei sintomi e sulla prevalenza dell’intervento farmacologico. Si riconosce, invece, nelle correnti della psichiatria riformata e più in generale nelle pratiche orientate dalla sociologia applicata che studia la devianza come modalità di scoperta dei processi di funzionamento dei nostri mondi vitali col fine di rendere più civili ed “aperte” le nostre comunità.

Le interviste sono state trascritte e successivamente editate in forma narrativa dall’autore del libro. L’autore del libro è stato per noi una sorta di narratore di narrazioni, un osservatore esterno ma al tempo stesso una persona desiderosa e capace di farsi coinvolgere. Grazie al narratore delle nostre storie è uscito un volume che è la testimonianza che si può guarire anche nel campo della salute mentale, che la solidarietà esiste e che esiste soprattutto l’intelligenza. L’intelligenza delle persone che permette di superare i paradossi delle nostre vite e dei nostri tempi.

Paolo Pini

Paolo Pini è dirigente sociologo presso il servizio di salute mentale di Livorno. Dal 1998 al 2008 è stato consulente del Dipartimento di Salute Mentale per curare la progettazione tra il servizio di salute mentale e le associazioni di utenti e familiari della Zona di Livorno e Provincia. Nel 2009 è stato assunto come dipendente del Sevizio Sanitario Nazionale e si è totalmente dedicato al servizio di salute mentale all’interno del settore “Area Recovery”.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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