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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 339

Carlo Carrara

Essere e Dio in Heidegger.

ISBN 978-88-7588-234-1, 2020, pp. 200, formato 140x210 mm., Euro 20 – Collana “Il giogo” [110].

In copertina: Robert Ryman, Twin (1965).

indice - presentazione - autore - sintesi

20,00

Introduzione

La questione centrale del pensiero di Martin Heidegger è la questione dell’essere,1 ma fin dall’inizio del suo cammino, nei sentieri percorsi, il suo pensare è aperto al problema di Dio e a ciò ad esso inerente.2

Per il filosofo tedesco la metafisica occidentale, da Platone a Nietzsche, nasce e si sviluppa come oblio dell’essere. Essa pensa costantemente all’essere dell’ente, lo nomina nelle sue più diverse accezioni, ma pensando l’essere solo a partire dall’ente, dimentica l’essere come tale, non pensa la differenza tra l’essere e l’ente (differenza ontologica) e quindi non si interroga mai sulla verità dell’essere stesso, non la porta mai al linguaggio.3

La domanda metafisica fondamentale: “Perché vi è, in generale, l’essente e non il nulla?”, intesa da Heidegger in tutt’altro modo, chiede del fondamento supremo e della causa prima di tutto l’ente.4 L’essere viene considerato come il fondamento della totalità dell’ente e perciò come un causare, un fondare (onto-logia). L’ente più elevato, in quanto fondante, viene inteso come causa prima, in quanto causa incausata e assoluta, viene definito come causa sui (teo-logia). L’unità di onto-logia e teo-logia è ciò che caratterizza l’essenza della metafisica come onto-teo-logia.5 Su questo piano, nulla ne è dell’essere e della sua verità. Ne consegue che nella sua stessa essenza la metafisica è nichilismo.6 Il Dio della metafisica, quale Ente supremo, è il Dio dell’oblio dell’essere, il Dio del nichilismo.

La morte di Dio, proclamata da Nietzsche, riguarda in modo esplicito il Dio del cristianesimo e in particolare ha di mira il Dio della metafisica.7 Entrambi, perdendo il loro potere, sono divenuti non più credibili e non contano più nulla. Al centro della totalità dell’ente si colloca l’uomo, secondo i fini dell’incondizionata soggettività della volontà di potenza. La metafisica, nel suo compimento, si configura come scienza e come tecnica.8

Heidegger non esclude che a questa epoca segnata dalla morte di Dio, dal compimento della metafisica, dall’assenza e dalla mancanza del divino, poetata da Hölderlin, possa essere concesso il favore della “svolta” (Kehre) della dimenticanza dell’essere nella salvaguardia della sua essenza.9 L’oblio dell’essere non deve essere ritenuto come un “errore”, un’“omissione”, una “negligenza” del pensiero, bensì come “evento” (Ereignis) dell’essere stesso, che da sempre “si dà” (es gibt) e nel contempo si nega, mantenendosi come tale nell’oblio.10 L’evento della metafisica è la storia dell’essere del primo inizio del pensiero,11 la storia della dimenticanza dell’essere stesso.12 La svolta nell’altro inizio è il pensiero (Denken) che pensa la verità dell’essere e che prepara con la poesia (Dichtung) lo spazio per il Dio divino, contraffatto dal Dio metafisico, da quelle immagini e maschere di Dio costruite dall’ontoteologia lungo la storia.

Il Dio divino può aver luogo secondo il suo tratto proprio solo in base, a partire ed entro l’orizzonte della verità dell’essere. Solo il Dio divino può salvare l’uomo,13 nel senso che può liberarlo per la sua essenza propria in quanto esser-ci, dal dominio dell’oblio dell’essere e dalle conseguenze della morte del Dio metafisico.

Il presente studio propone, nelle sue linee essenziali, il cammino di pensiero heideggeriano or ora esposto per sommi capi. Nella Bibliografia, oltre agli scritti di Heidegger citati, sono state indicate le opere o pubblicazioni di alcuni autori che in particolar modo o in parte hanno trattato il tema qui affrontato.

L’intento che ha mosso la presente ricerca non è solo quello di presentare il pensiero di uno dei massimi filosofi del nostro tempo sulla perenne questione dell’essere e di Dio, ma di raggiungere anche l’animo di ogni singolo uomo che, come ha scritto il filosofo tedesco, filosofa costantemente:

L’uomo è già nella filosofia. […] La filosofia non è una materia d’insegnamento, non è un campo del sapere che si trovi da qualche parte fuori dell’essere umano essenziale. La filosofia è intorno all’uomo giorno e notte, così come lo sono il cielo e la terra, anzi ancora più vicino di questi, allo stesso modo del chiarore che sta tra cielo e terra, ma che l’uomo quasi sempre trascura di vedere perché ha a che fare solo con ciò che gli appare nel chiarore. Talvolta, quando fa buio, l’uomo fa esplicitamente attenzione al chiarore intorno a lui. Ma proprio allora non se ne cura più, perché sa che il chiarore ritornerà. La conduzione al pensare si premura solo intorno a ciò: che si faccia più chiaro intorno a noi, e che noi stessi diventiamo custodi più delicati del chiarore».14

Per l'uomo custodire il chiarore è tenersi nella propria essenza e perciò aperto al Dio a-venire nell’attesa

Carlo Carrara

Note

1 Nella dedica all’amico scomparso Kurt Bauch della raccolta di scritti Segnavia (1919/1961) il filosofo tedesco scrive: «Il vantaggio che ha tratto il pensiero problematico dal nostro stretto sodalizio mi induce a dedicare all’amico scomparso questo volume miscellaneo – una serie di tappe sulla via di un solo problema: quello dell’essere» (Martin Heidegger, Segnavia, tr. it. di F. Volpi, Adelphi, Milano 1987, p. XV). D’ora in avanti, essendo di Heidegger i testi citati, il suo nome verrà omesso.

2 La nota 56 del trattato Dell’essenza della fondamento lo dimostra: «Con l’interpretazione dell’esserci come essere-nel-mondo non si è ancora deciso nulla, né in senso positivo né in senso negativo, circa la possibilità di un essere in rapporto con Dio. È soltanto attraverso la chiarificazione della trascendenza che si raggiunge un concetto sufficiente dell’esserci; in riferimento a tale ente è poi possibile porre il problema di come stiano ontologicamente le cose circa il rapporto dell’esserci con Dio» (Dell’essenza del fondamento (1929), in Segnavia, cit., p. 115, nota 56). Questa posizione viene confermata nella Lettera sull’«umanismo»: «Con la determinazione esistenziale dell’essenza dell’uomo nulla è ancora deciso circa l’“esserci di Dio” o il suo “non essere” e così pure sulla possibilità o l’impossibilità degli dèi» (Lettera sull’««umanismo» (1946), in Segnavia, cit., p. 302).

3 Cfr. ivi, p. 276; L’essenza del nichilismo (1946/48), in Metafisica e nichilismo, tr. it. di F. Bolino, il nuovo melangolo, Genova 2006, p. 183; Introduzione a: «Che cos’è metafisica?» (1949), in Segnavia, cit., pp. 318-319, 321-322.

4 Cfr. Introduzione alla metafisica (1935), tr. it. di G. Masi, Mursia, Milano 1990, pp. 13-61.

5 Cfr. La costituzione onto-teo-logica della metafisica (1957), in Identità e differenza, tr. it. di U. Ugazio, “aut aut”, 187-188, 1982, pp. 17-37.

6 Cfr. La sentenza di Nietzsche: «Dio è morto» (1936/40), in Sentieri interrotti, tr. it. di P. Chiodi, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1984, p. 243; La determinazione del nichilismo secondo la storia dell’essere (1944/46), in Nietzsche, tr. it. di F. Volpi, Adelphi, Milano 1994, pp. 812, 816; L’essenza del nichilismo (1946/48), in Metafisica e nichilismo, cit., p. 183. Alla questione del nichilismo Heidegger ha dedicato il corso universitario Il nichilismo europeo, in Nietzsche, cit., pp. 563-743.

7 Cfr. La sentenza di Nietzsche: «Dio è morto» (1936/40), in Sentieri interrotti, cit., pp. 191-246; Il nichilismo europeo (1940), in Nietzsche, cit., pp. 201-202.

8 Cfr. La fine della filosofia e il compito del pensiero (1964), in Tempo ed essere, tr. it. di E. Mazzarella, Guida, Napoli 1980, pp. 166-167; La costituzione onto-teo-logica della metafisica (1957), in Identità e differenza, cit., p. 23.

9 Cfr. Sguardo in ciò che è (1949), in Conferenze di Brema e Friburgo, tr. it. di G. Gurisatti, Adelphi, Milano 2002: La svolta (quarta conferenza di Brema), pp. 97-108.

10 Cfr. Lettera sull’«umanismo» (1946), in Segnavia, cit., pp. 288, 322; Protocollo seminariale (1962), in Tempo ed essere, cit., p. 132; Il detto di Anassimandro (1946), in Sentieri interrotti, cit., p. 340; Introduzione a: «Che cos’è metafisica?» (1949), in Segnavia, cit., p. 322.

11 Cfr. Contributi alla filosofia (Dall’evento) (1936/38), tr. it. di A. Iadicicco, Adelphi, Milano 2007, pp. 189-197, 205-207.

12 Il detto di Anassimandro (1946), in Sentieri interrotti, cit., p. 340; Sguardo in ciò che è (1949), in Conferenze di Brema e Friburgo, cit., pp. 76-77.

13 Cfr. Ormai solo un Dio ci può salvare (1966), tr. it. di A. Marini, Guanda, Parma 1992, p. 136.

14 Introduzione alla filosofia. Pensare e poetare (1944/45), tr. it. di V. Cicero, Bompiani, Milano 2010, pp. 43-45.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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