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Luca Grecchi

Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell'essere. In Appendice: Dialogo biografico-filosofico con Alessandro Dignös.

ISBN 978-88-7588-364-5, 2023, pp. 296, formato 140x210 mm., Euro 25 – Collana “il giogo” [161].

In copertina: Francesco Borsotti, Nell’albero della vita, grafite, 2004.

indice - presentazione - autore - sintesi

25,00

Introduzione

Questo testo costituisce la esposizione complessiva del discorso onto-assiologico che ho cercato di elaborare sin dal mio primo libro, L’anima umana come fondamento della verità, del 2002.1 Quel volume rappresentava la prima esposizione stilizzata della metafisica umanistica. Ciò che lì era asserito, cerca ora di essere argomentato in maniera più estesa. La tesi di fondo, in ogni caso, è rimasta la stessa.

Il problema che reputavo centrale, in effetti, è rimasto lo stesso, ed è il medesimo che la Filosofia considera essenziale da sempre, ossia la conoscenza veritativa del senso e del valore della vita umana nell’intero. L’Uomo è il solo ente in grado di porsi questo problema, nonché il solo ente che, tramite la circolarità di teoria e prassi, risulta essere in buona parte in grado di risolverlo.2 Per questo motivo esso è il solo possibile fondamento di quella struttura sistematica della Verità dell’Essere, ossia di quel sistema onto-assiologico di significati, che costituisce il contenuto filosofico dell’intero. L’Uomo compiutamente realizzato, grazie alla sua essenza razionale e morale, rappresenta infatti l’unico ente che possa filosoficamente costruire (Fondamento), in maniera conforme alla realtà (Verità), le proposizioni che compongono, nei suoi contenuti essenziali, l’intero (Essere). Pertanto, solo conoscendo compiutamente l’Uomo, potremo conoscere compiutamente il Fondamento della Verità dell’Essere, quindi la Verità dell’Essere, nei limiti essenziali in cui essa è umanamente conoscibile.

Questa, in estrema sintesi, l’idea di fondo che ripercorre tutto il libro, utilizzando la quale si cerca di realizzare la migliore possi­bile comprensione della Realtà. L’Uomo – scritto con la maiuscola per indicarne il carattere trascendentale: tutti i concetti di questo tipo saranno scritti con la maiuscola nel presente libro, per sottolinearne il contenuto universale – è il Fondamento della Verità dell’Essere, in quanto l’Essere assume compiutamente il proprio significato solo ponendo come riferimento di senso e di valore l’Uomo. Quest’ultimo costituisce il Fondamento esclusivamente dell’essere dei significati, non della esistenza degli enti, la maggior parte dei quali preesiste alla stessa esistenza dell’Uomo.

Il genere umano, infatti, si è formato all’interno di una realtà naturale eternamente data (essendo impossibile, in natura, la creazione dal nulla, ed essendo indimostrata l’esistenza di un ente creatore trascendente), con la sua materia in eterna trasformazione e le sue forze in eterna azione, che dell’Uomo, Fondamento metafisico, costituiscono il Principio fisico di esistenza. Senza tale Principio fisico, costituito appunto dal cosmo eterno ed infinito, dunque autosufficiente,3 il Fondamento metafisico, costituito dall’Uomo, non avrebbe potuto esistere. In questo senso fisica e metafisica rappresentano come il primo ed il secondo piano di una casa a due piani – in cui il secondo piano dipende necessariamente dal primo –, per cui Principio fisico e Fondamento metafisico, con tutto ciò che da essi deriva, esauriscono il campo dell’intero. Platone e Aristotele, del resto, avevano già compreso che non era possibile occuparsi di metafisica senza occuparsi anche di fisica. La metafisica, indubbiamente, “supera” per importanza, sul piano filosofico, la fisica, ma per superarla deve pur sempre basarsi su di essa, ossia “conservarla”, ovvero tenere conto della necessità del sostrato naturale, studiato nei suoi contenuti dalle scienze particolari, analisi necessaria per comprendere in maniera corretta la Realtà.4

Chi legge potrebbe, giustamente, ritenere che porre l’Uomo come Fondamento onto-assiologico dell’intero non rappresenta affatto una novità, poiché ciò avvenne, in maniera implicita, nella filosofia greca classica. Questo è vero.5 Esplicitare, tuttavia, una tesi e quanto è implicito in essa, consente di trarre dalla medesima tutte le conseguenze, ponendola in atto nella pienezza delle sue potenzialità.

Il termine “Metafisica umanistica” richiama sicuramente alla mente la “Metafisica classica”, con cui vi sono punti di convergenza notevoli, ma anche punti di divergenza. La convergenza si realizza soprattutto sul piano logico-fenomenologico della analisi della Realtà, che la Metafisica umanistica mutua in larga parte dalla Metafisica classica di matrice aristotelica. Molte tesi che, inevitabilmente, in questo libro, potranno essere solo accennate, derivano dalla metafisica aristotelica. La divergenza si realizza invece sul piano onto-assiologico della analisi della Realtà, dato che la Metafisica umanistica esplicita il Fondamento di senso e valore costituito dall’Uomo, mentre la Metafisica classica – per quanto non ne esista una sola versione – fa spesso solo un implicito riferimento al trascendente, coincidente in sostanza col divino. Poiché ciò che è trascendente risulta indefinibile nella sua essenza, la Metafisica classica si limita solitamente alla descrizione della Realtà per come è, ossia rimane sul piano logico-fenomenologico. La Metafisica umanistica, invece, considera tale descrizione necessaria, ma non sufficiente, essendo la rappresentazione compiuta della Verità costituita anche da una trattazione della Realtà per come deve essere. La Metafisica umanistica, per questo, si pone anche sul piano onto-assiologico, in conformità al Fondamento. Quest’ultimo, come detto, è rappresentato dalla natura dell’Uomo, la quale è insieme razionale e morale, per cui richiede di esaminare insieme il senso ed il valore della Realtà.

La “novità” della Metafisica umanistica rispetto alla Metafisica classica consiste, dunque, nel fatto che essa non attribuisce priorità filosofica alla descrizione logico-fenomenologica della Realtà per come effettualmente esiste. Essa attribuisce priorità filosofica, almeno per la componente sociale dell’Essere – pur con alcune zone grigie intermedie, l’Essere si può suddividere in una parte naturale e in una parte sociale –, alla tematizzazione onto-assiologica della Realtà per come idealmente deve essere. Questa è, in sintesi, la concezione della Verità dell’Essere della Metafisica umanistica. Solo in questo modo infatti, ovvero senza limitarsi alla descrizione effettuale, si potrà per la Metafisica umanistica favorire la realizzazione, sul piano sia teorico che pratico, di una totalità sociale ideale, rispettosa della natura di tutti gli enti, in primis dell’essere umano.

Risulta corretto allora chiedersi: come deve essere la Realtà, per la Metafisica umanistica, per manifestarsi nella sua ideale compiutezza onto-assiologica? Ebbene: nel rispetto, come detto, del cosmo naturale, essa deve favorire dinamicamente la realizzazione, nella misura massima possibile, della natura razionale e morale dell’Uomo, che costituisce appunto il Fondamento onto-assiologico della Verità dell’Essere, ossia ciò in base a cui tutto assume senso e valore. La Realtà, per essere compiutamente vera, deve infatti consentire all’Uomo, per la Metafisica umanistica, la massima realizzazione della propria Umanità nel modo di produzione sociale, ossia di vivere in modo conforme alla propria natura, ovvero di porre in essere il libero sviluppo comunitario della propria individualità. In questo modo soltanto si potrà giungere ad una Realtà vera e buona, per tutti e per ciascuno, cosa che, come evidente, non costituisce questione meramente teoretica, ma anche pratica.6

Sostenere che la Verità si declina anche in modo onto-assiologico non esclude che essa sia un contenuto del Pensiero, volto a descrivere in maniera conforme la Realtà. La migliore definizione della Verità rimane, infatti, quella di matrice platonico-aristotelica, in base a cui essa è costituita dal Pensiero che si conforma nel modo migliore alla Realtà. L’aggiunta della Metafisica umanistica, rispetto alla Metafisica classica, è che tale Realtà deve essere intesa, per essere delineata nella maniera più compiuta, non solo nella sua effettualità logico-fenomenologica, ma anche, anzi soprattutto, nella sua idealità onto-assiologica. Le totalità sociali storicamente esistenti sono sempre caratterizzate da un grado imperfetto di Verità-Bene, ossia di conformità alla natura razionale-morale dell’essere umano. La Verità, in quanto contenuto del Pensiero, sta anche nella comprensione di questo maggiore o minore grado di Realtà, che può essere sempre incrementato, come è Bene che sia, in quanto tanto più esso risulta elevato, quanto più risulta elevata la realizzazione della Verità.

Dopo questa breve sintesi del contenuto essenziale della Metafisica umanistica, ritengo utile, in questa introduzione, accennare brevemente alla forma espositiva qui utilizzata. La Dialettica, ossia l’iniziale elaborazione e la continua discussione, tenendo conto delle principali obiezioni, delle tesi che volta per volta vengono proposte per cercare di risolvere i molteplici problemi posti dalla Realtà, costituisce il metodo principale utilizzato dalla Filosofia, dunque anche dalla Metafisica umanistica. Per questo motivo, nel presente volume, ho ritenuto opportuno mostrare gli argomenti potenzialmente in grado di opporsi alle tesi asserite, cercando di confutarli. Il libro comincia infatti con la esposizione della tesi centrale della Metafisica umanistica – L’Uomo è il Fondamento della Verità dell’Essere –, ma si suddivide poi in quattro capitoli, uno per ciascuno dei quattro contenuti costitutivi della tesi centrale: Uomo, Fondamento, Verità, Essere. Ogni capitolo è caratterizzato da 14 proposizioni, le quali sono seguite, appunto, dal processo dialettico di argomentazione e controargomentazione che mi ha condotto ad esporle.

Il lettore, a questo punto, si chiederà: possibile che questa struttura sistematica della Verità dell’Essere sia proprio così simmetrica, tanto che i contenuti principali sono descritti in blocchi omogenei ciascuno da 14 proposizioni? Perché poi 14 e non 10, o 20, o 100, con un bel numero tondo? La risposta a questa domanda è doverosa. Risulta evidente infatti che, senza porsi precisi limiti, questo libro, che riguarda l’intero nella totalità delle sue parti e connessioni, non avrebbe mai potuto vedere la luce. Questo, naturalmente, non sarebbe un grave problema, ma, avendo cercato di elaborare sul piano teoretico molto a lungo delle risposte ad alcuni problemi essenziali, mi è sembrato opportuno pubblicarle per favorire, appunto, la discussione, per quanto parziali, limitate e provvisorie esse siano.

Dato che l’intero è infinito, sarebbero in effetti state necessarie infinite proposizioni per descrivere la Realtà nella sua interezza. Poiché tuttavia l’Uomo è un ente finito, non può esprimere infinite proposizioni. Per questo motivo mi si è posto sin da subito il problema di quanto ampio dovesse essere il numero delle proposizioni da utilizzare. Il criterio che ho ritenuto più corretto è stato quello di usare tutte le proposizioni in grado di delineare, in maniera essenziale, la struttura sistematica della Realtà. Mi si sono presentate allora due soluzioni. La prima, che ho adottato nei primi anni di elaborazione – lavoro a questo testo dal 2002 –, è stata quella di estendere quanto più possibile il numero di queste proposizioni, per il timore appunto di tralasciare contenuti che potevano rivelarsi importanti; questa soluzione avrebbe tuttavia comportato, con il tempo, il solo risultato di lasciare questo scritto inconcluso in un computer alla mia morte. La seconda soluzione, che ho adottato negli ultimi anni, è stata quella di selezionare un numero di proposizioni limitato, sufficientemente ampio per descrivere con relativa compiutezza il contenuto essenziale della Realtà. La scelta di utilizzare un ugual numero di proposizioni, per ogni capitolo del testo, è invece dovuta ad un mio soggettivo bisogno di simmetria, che spero tuttavia possa avere anche qualche base oggettiva.

Pubblicare questo libro ha significato per me, in ogni caso, abbandonare ogni giovanile illusione di completezza nella com­prensione della Realtà, ossia, per utilizzare le parole di un famoso cantautore, rinunciare al desiderio di realizzare un volume in cui “ogni cosa è scritta”. Questo libro tuttavia, ora come allora, nelle mie intenzioni, si pone sempre l’obiettivo di aiutare a trasformare, ponendo argomenti fondati, l’attuale modo di produzione sociale, non certo finalizzato alla Verità e al Bene. Il risultato è stato questo, ossia un difficile accordo tra una Realtà infinitamente complessa da analizzare, e le limitate possibilità di mettere su carta tale analisi in un sistema filosofico, ossia in una mappa teorico-pratica in grado, nella misura maggiore possibile, di orientare gli esseri umani, socialmente e individualmente, verso una buona vita.

Detto questo, torno alla tesi principale del libro: L’Uomo è il Fondamento della Verità dell’Essere. Ritengo opportuno ancora chiarire che tale tesi, all’inizio dell’opera, può essere considerata solo un’ipotesi dialettica, che starà all’opera stessa argomentare e, quanto più possibile, dimostrare. Il metodo dialettico consiste in effetti, di fronte al problema che si ritiene necessario affrontare – che per la Filosofia, in ultima analisi, è sempre costituito dalla conoscenza e dalla realizzazione della vita più felice per gli esseri umani –, nel formulare ipotesi di lavoro, supportarle con adeguata argomentazione, sottoporle a critica e mantenerle in essere solo se resistono alle confutazioni, oppure abbandonarle in caso contrario, passando ad altre ipotesi. La Filosofia deve infatti sempre lasciare la porta aperta alla critica, senza mai chiudersi, in quanto, così come nelle scienze, rimane in ogni caso possibile il sopraggiungere di qualche argomento, fino a quel momento non considerato, in grado di confutare dialetticamente anche la tesi ritenuta più solida.

Ogni proposizione sarà pertanto argomentata tenendo presenti, insieme, la proposizione e la sua contraddittoria, in modo appunto da considerare la totalità del contenuto analizzato.7 Ogni proposizione sarà inoltre sorretta da una argomentazione – spesso in più punti – ad essa favorevole, e da una controargomentazione volta a confutare la contraddittoria della proposizione stessa. I primi esempi chiariranno questo linguaggio un po’ complicato. Il criterio che ha ispirato questa scelta è che ogni pensiero, il quale ritenga di asserire la verità senza cercare di confutare ciò che alla verità si oppone, ossia il falso, non è in grado di rendere stabile, nei limiti umanamente possibili, nemmeno quella stessa verità. Esiste infatti una Verità dell’Essere, ma per giungervi occorre passare necessaria­mente tramite un processo conoscitivo dialettico che si caratterizza, anche, per la confutazione del falso, sempre tenendo conto che il falso, come il male, si può dire/fare in molti modi, tendenzialmente infiniti, sicché questo processo dialettico non potrà mai arrestarsi.

Un sistema filosofico che si propone come una Metafisica, ossia come una struttura in grado di delineare la Verità dell’intero sul piano del senso e del valore, non limitandosi al piano fisico della Realtà, deve in effetti porsi in modo quanto più possibile completo. Per essere tale, come già ricordato, dovrebbe essere tendenzialmente infinito, ossia comprendere ogni ente, passato, presente e futuro, ed ogni relazione. Ciò nonostante, sul piano onto-assiologico, che è quello propriamente filosofico, l’unica forma di compiutezza possibile è quella della essenzialità. Riuscire a comprendere l’essenziale non è tuttavia facile, ed è operazione che comporta molti pericoli, il primo dei quali è appunto quello di non cogliere ciò che è più rilevante, ossia di trascurare temi importanti. Nella fattispecie, il pericolo maggiore è quello di omettere proposizioni che potrebbero risultare necessarie per una compiuta comprensione della Realtà, o, all’interno delle singole proposizioni, di omettere argomentazioni che potrebbero risultare utili. Si tratta però, se si desidera delineare un sistema filosofico, di un rischio inevitabile.

Ciò che conta è, in ogni caso, soprattutto che il sistema non si arrocchi, ovvero che non si chiuda verso tutti quei contenuti utili alla migliore comprensione dell’intero, semplicemente per mantenere ferma la tesi centrale come un dogma. Il compito di un sistema filosofico è infatti quello di formulare proposizioni e connetterle fra loro in maniera articolata, sulla base del giusto Fondamento, favorendo l’esplicitazione di un quadro onto-assiologico quanto più possibile completo, ma sempre mantenendo aperta dialetticamente la possibilità della confutazione. La ricerca veritativa, infatti, non deve mai essere interrotta. Se un’altra teoria differente dalla Metafisica umanistica sarà in grado di risolvere meglio il problema del senso e del valore della vita umana nell’intero, essa dovrà sicuramente essere preferita.

Per non appesantire il testo, ho ritenuto opportuno esplicitare le principali definizioni nella parte iniziale, in cui appunto i concetti basilari sono introdotti. Nessun contenuto importante sarà, nelle intenzioni dello scrivente, lasciato privo di una definizione – pur con tutti i limiti di questa operazione –, poiché la ricerca di chiarezza, in Filosofia, è esigenza imprescindibile. Il libro risulta inoltre ricco di rimandi interni, in quanto la Realtà è sistematica, per cui necessariamente le varie proposizioni, che devono tenere conto di tale sistematicità, rinviano l’una all’altra. I rimandi principali saranno sintetizzati nell’indice finale degli argomenti.

Questo libro, se fossimo in una biblioteca, dovrebbe probabilmente essere catalogato nella sezione di filosofia teoretica. Esso, in realtà, si situa al crocevia fra filosofia teoretica ed altre discipline, soprattutto filosofia morale e filosofia politica. Il testo è, sicuramente, migliorabile, per cui forse avrei potuto rifletterci ancora prima di pubblicarlo. Ho ritenuto, tuttavia, in questa fase della mia vita, più utile condividere questa base di lavoro con altre persone, sperando che esse potranno apportare, al discorso qui svolto, opportune rettifiche o approfondimenti. Ciò accadrà, in ogni caso, solo se il Fondamento del discorso risulterà saldo. Soltanto in questo modo, infatti, ossia in un edificio stabile, altre persone desidereranno abitare, migliorandolo progressivamente nel tempo.

Circa la possibilità di una diffusa accettazione del nucleo onto-assiologico della Metafisica umanistica non nutro, comunque, molte speranze. Dal mondo accademico questo libro sarà ritenuto opera dilettantesca, quindi rimosso. Dal mondo intellettuale sarà stimato opera irrilevante, dunque silenziato. Dal mondo politico sarà considerato opera indesiderabile, perciò irricevibile. Dei criteri di giudizio adottati da questi “mondi” non mi sono, tuttavia, mai curato molto. Questo non (spero) per un narcisistico senso di superiorità, ma in quanto essi sono – salvo eccezioni, sempre possibili – quasi completamente subordinati al clima ideologico del modo di produzione capitalistico, il quale strutturalmente impedisce la ricerca della Verità e del Bene, costituendo il massimo impedimento alla realizzazione delle affermazioni presenti in questo libro. Ritengo in ogni caso che, se le principali tesi qui esposte sono corrette, dunque soprattutto se è corretta la struttura del Fondamento – la natura razionale e morale dell’Uomo – posta alla base della Metafisica umanistica, forse qualche spazio per fiorire il libro, nel futuro, lo troverà.

Rileggendo oggi queste pagine, ad oltre 20 anni di distanza da L’anima umana come fondamento della verità (che era sostanzialmente già scritto nel 1999), penso di avere mantenuto una continuità non solo di contenuti, ma anche di fini. Sul piano culturale, ho sempre pensato che avrei potuto “morire tranquillo” solo dopo aver composto due libri: Metafisica umanistica e Il necessario fondamento umanistico del “comunismo” (Petite Plaisance, Pistoia, 2013, scritto con Carmine Fiorillo). Essi, infatti, rappresentano le due espressioni principali – filosofica la prima, politica la seconda – del discorso che ho cercato di svolgere, che quindi considero più vero, dunque più utile, per orientare bene la vita. Ho infatti sempre ritenuto che, senza porre in modo chiaro i contenuti filosofici che consentono all’Uomo di realizzare compiutamente la propria Umanità, non si sarebbe potuta nemmeno porre una proposta politica progettuale seria. Questo è il senso che ho dato al mio lavoro di scrittura fin dall’inizio: argomentare in modo chiaro il Fondamento onto-assiologico necessario per giungere poi più agevolmente, sul piano sia teorico che pratico, alla Verità ed al Bene, cercando di favorire così la realizzazione di un mondo migliore. So che riuscirò a cambiare poco o nulla di questo mondo. Spero però che altri, nel tempo, ci riusciranno. Se avranno potuto ricevere qualche aiuto da questo mio libro, ossia se sarò stato loro utile, anche in piccola parte, avrò fatto quanto era nelle mie possibilità, e ne sarò felice.

1 L. Grecchi, L’anima umana come fondamento della verità, Petite Plaisance, Pistoia, 2002; tematica poi ripresa ne Il necessario fondamento umanistico della metafisica, Petite Plaisance, Pistoia, 2005, in Corrispondenze di metafisica umanistica, Petite Plaisance, Pistoia, 2006 e soprattutto in Compendio di metafisica umanistica, Petite Plaisance, Pistoia, 2017. Ho discusso la metafisica umanistica anche in alcuni libri-dialogo: U. Galimberti-L. Grecchi, Filosofia e biografia, Petite Plaisance, Pistoia, 2005, pagg. 38-41; C. Preve-L. Grecchi, Marx e gli antichi Greci, Petite Plaisance, Pistoia, 2006, pagg. 58-62; E. Berti-L. Grecchi, A partire dai filosofi antichi, Il Prato, Padova, 2009, con introduzione di C. Vigna, pagg. 83-94; C. Vigna-L. Grecchi, Sulla verità e sul bene, Petite Plaisance, Pistoia, 2011, con introduzione di E. Berti e postfazione di C. Preve, pagg. 29-37.

2 Userò sempre, in queste pagine, il termine Uomo nell’accezione greca di anthropos, ossia senza distinzione fra genere maschile e femminile. Sarebbe sicuramente stato preferibile il semantema “essere umano”, ma, nella indicazione alfanumerica delle proposizioni (ad esempio 1U, 5E, come sarà più chiaro nel seguito), ho ritenuto più opportuno mantenere l’utilizzo di un termine singolo, anziché doppio, ossia Uomo anziché Essere umano, poiché ciò avrebbe potuto portare confusioni con le successive proposizioni sull’Essere.

3 Per la trattazione di questa tematica nel pensiero antico, rinvio a L. Grecchi, Natura, Edizioni Unicopli, Milano, 2018.

4 Per uno sguardo sintetico sul rapporto fra la filosofia e le scienze, rinvio a L. Grecchi, La filosofia e le scienze, Vita Pensata, 25/2021, pp. 68-73, presente sulla mia pagina personale del sito www.academia.edu.

5 Rinvio, in merito, a L. Grecchi, Uomo, Edizioni Unicopli, Milano, 2019, e Verità, Edizioni Unicopli, Milano, 2023.

6 Mi permetto di rinviare, in merito, a L. Grecchi, Dolcezza, Mursia, Milano, 2021, con introduzione di S. Vegetti Finzi.

7 Ciò accade in quanto la proposizione contraddittoria che si intende confutare viene formulata in modo “negativo”, ossia in modo da comprendere in sé tutte le possibili alternative alla proposizione “positiva” che si intende dimostrare. La Dialettica filosofica, grazie al valore dimostrativo che assume la confutazione, fornisce argomenti veritativi molto forti. Ciò in quanto essa si applica ad alternative fra posizioni che coprono l’intero del significato inerente ad una certa proposizione. Questo avviene più facilmente nel discorso filosofico rispetto ad altri tipi di discorso, perché la Filosofia ha a che fare con problemi generali, inerenti all’intero, e formula dunque alternative generali. Gli altri discorsi invece, avendo a che fare con problemi particolari, formulano alternative particolari, non contraddittorie ma soltanto contrarie, che non esauriscono cioè l’intera gamma delle possibilità, ed in cui quindi la confutazione di una alternativa non equivale alla dimostrazione della verità dell’altra. Non in ogni caso le contraddittorie che considereremo saranno tali in senso rigorosamente tecnico, pur essendo sempre proposizioni che non possono essere né entrambe vere, né entrambe false.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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