Editrice Petite Plaisance

Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
HOME RECENTI CATALOGO E-BOOKS AUTORI KOINE' BLOG PERCHE' CONTATTI




Cat.n. 472

Gherardo Ugolini

Tra Edipo e Antigone. Il mito tebano sulla scena attica e moderna.

ISBN 978-88-7588- 389-8, 2024, pp. 664, formato 140x210 mm., Euro 40 – Collana di teatro  “Antigone” [13].

In copertina: Edipo cieco seduto su un altare con accanto le figlie Antigone e Ismene. Dettaglio della pittura vascolare su cratere a calice apulo a figure rosse (ca. 340 a.C.).

indice - presentazione - autore - sintesi

40,00

Edipo, Antigone, Tiresia, ma anche Giocasta, Laio, Creonte, Ismene, Polinice, Eteocle, Emone, Dioniso, Penteo, Agave, Cadmo: i personaggi del ciclo mitico legato alla città di Tebe e alla dinastia dei Labdacidi sono numerosi e affascinanti. Alcuni di essi hanno un ruolo centrale nella produzione artistica antica e moderna, altri svolgono una funzione piuttosto secondaria, ma non per questo meno significativa. La loro apparizione nella letteratura greca è attestata fin dai primordi. Nell’Odissea viene tratteggiato, in forma sintetica e al contempo alquanto efficace, lo svolgimento di un episodio centrale del mito, il suicidio di Giocasta (lì denominata con la forma alternativa di Epicasta) dopo la scoperta dell’incesto col figlio Edipo il quale, per altro, continua a regnare sulla città di Tebe.1 E vi compare anche l’indovino Tiresia che nell’Oltretomba ha la prerogativa di conservare l’intelletto; egli non solo impartisce a Odisseo le opportune istruzioni per entrare in contatto con le anime dei defunti, ma formula anche una profezia ambigua ed enigmatica sul ritorno a Itaca dell’eroe acheo e sulle modalità della sua morte.2 In un breve passo dell’Iliade si accenna ai giochi funebri organizzati a Tebe in onore di Edipo, ai quali presero parte numerosi eroi della Grecia,3 mentre Esiodo rievoca la comparsa della Sfinge che teneva in scacco la città cadmea.4 L’elaborazione epica conosce anche la saga di Dioniso, per lo meno l’episodio della vendetta del dio ai danni del re Licurgo.5

Sono andati perduti, salvo pochissimi frammenti, i poemi epici che trattavano le vicende del ciclo tebano: nell’Edipodia e nella Tebaide dovevano trovare una sistematizzazione articolata le gesta di Edipo e dei suoi figli maschi Eteocle e Polinice (che forse non erano frutto dell’incesto con Giocasta, ma di un precedente matrimonio) fino alla guerra fratricida. La materia tebana è stata oggetto anche della poesia lirica, come era naturale che fosse, oltre che delle rappresentazioni visuali nella pittura vascolare. Un componimento di Stesicoro, riscoperto alcuni decenni orsono, cui è stato dato il titolo di Tebaide, attesta un’interessante versione del mito nella quale la regina Giocasta, sconvolta dalle rivelazioni di Tiresia sul futuro dei figli, cerca di evitare il compiersi delle profezie suggerendo un accordo di suddivisione dell’eredità di Edipo.6 Pindaro, dal canto suo, fa riferimento alla “saggezza” (σοφία) di Edipo,7 e attesta l’avvenuta attrazione del mito nell’orbita dell’ideologia delfica nel momento in cui presenta il parricidio come avveramento di un antico oracolo di Delfi.8

Il teatro tragico ateniese del V secolo a.C. non solo eredita dalla precedente tradizione poetica temi e motivi del ciclo tebano, ma si afferma come il contesto ideale nel quale i miti di quell’ambito possono essere rielaborati e offerti al pubblico. La presenza del mondo tebano sulla scena teatrale attica è impressionante per quantità e qualità. Tra i drammi che la tradizione ci ha conservato basta citare Edipo re, Antigone e Edipo a Colono di Sofocle, Sette contro Tebe di Eschilo, Fenicie e Baccanti di Euripide. Ma accanto a questi titoli, tra i più celebrati della tradizione e tra i più accolti nel repertorio delle messinscene antiche e moderne, vi sono parecchie altre tragedie che sono andate totalmente perdute salvo il titolo e qualche frammento. Eschilo compose un Laio, un Edipo e un dramma satiresco Sfinge (che insieme ai Sette componevano una tetralogia unitaria andata in scena alla Grandi Dionisie del 467 a.C.). Euripide compose un proprio Edipo, come anche una propria Antigone, seguendo strutture drammaturgiche molto differenti da quelle dei suoi predecessori. Ma anche vari altri poeti tragici si cimentarono con il tema edipico: tra il V e il IV secolo a.C. sono attestati drammi intitolati Edipo o Edipodia di Acheo, Nicomaco, Senocle, Filocle I, Melezio, Teodette, Carcino e Diogene di Sinope. Discorso analogo, anche se con dimensioni meno clamorose, si può fare per le rappresentazioni drammatiche di Antigone (la già ricordata Antigone di Euripide, ma anche quella di Astidamante) o di Dioniso (due tetralogie di Eschilo erano dedicate al dio Dioniso e al suo scontro con Penteo a Tebe e con Licurgo in Tracia).

Non è questa la sede per discutere le ragioni che determinarono tanta fortuna della saga tebana. Sono sufficienti due considerazioni di fondo. La prima riguarda la profonda rielaborazione che le vicende e i personaggi del ciclo tebano ricevettero nel loro trattamento drammaturgico sulla scena del teatro di Dioniso ad Atene: Edipo diventa il campione del conoscere e del ricercare la verità a qualunque costo, Antigone la ragazza che senza esitazione reclama il dovere di seppellire il corpo del fratello morto Polinice, indipendentemente dall’accusa di essere stato un traditore della patria, Tiresia il mantis vecchio e cieco che si esprime ambiguamente e si scontra costantemente con il reggitore della città mettendone in crisi le certezze. Soprattutto l’ambientazione tebana funge da universo distopico rispetto al cosmo ateniese. Nella Tebe del mito succede tutto quello che non deve accadere nell’Atene del V secolo a.C.: tirannide, violenza, sopraffazione, inganno, incesto. Quello di Tebe è un mondo sottosopra nel quale lo spettatore è condotto dal tragediografo-regista a identificare un sistema di valori totalmente negativo, un modello di città da respingere in toto.9 Da questo punto di vista i drammi di argomento tebano svolgono un ruolo politico fondamentale in quanto perseguono l’effetto di compattare il copro civico ateniese confermando la bontà del proprio assetto politico.

La seconda considerazione è la seguente: è attraverso la forma drammaturgica assunta ad Atene nel V secolo a.C. che le figure del ciclo tebano sopravvivono nei secoli seguenti. Da allora in poi, fino ad oggi e sicuramente anche nei prossimi secoli, il “nostro” Edipo è quello fissato da Sofocle nei suoi due drammi dedicati a quel personaggio. Tutti gli Edipo moderni – da Dell’Anguillara a Tesauro, da Corneille a Voltaire, da Dryden-Lee a Hofmannsthal, da Cocteau a Gide, da Dürrenmatt a Pasolini – si misurano sul modello dell’Edipo re sofocleo che, pur sconfitto nell’agone delle Grandi Dionisie dal semisconosciuto Filocle I,10 s’impose presto, almeno a partire dalla Poetica di Aristotele, quale tragedia esemplare sotto molteplici punti di vista. La stessa rielaborazione freudiana della figura di Edipo, tanto potente da affermarsi sia nella pratica ermeneutica sia nelle rielaborazioni artistiche, muo­ve dai versi sofoclei, puntualmente citati nell’Interpretazione dei sogni.11 La forza normativa e stabilizzante con cui i tragediografi attici hanno riscritto il mito, vale anche e soprattutto per il caso di Antigone, figura letteraria pressoché inesistente nella tradizione greca precedente al dramma sofocleo del 442 a.C.12 Sofocle ne fa la protagonista del dramma, una donna ribelle che sfida il potere costituito di Creonte e le sue leggi in nome di norme sacre in materia funeraria alla cui obbedienza non può sottrarsi. E così è stata recepita nel corso dei secoli nelle innumerevoli rappresentazioni e rielaborazioni, pur con tutte le attualizzazioni e le mutazioni di significato che registi e artisti moderni hanno voluto realizzare. In tutti i casi – da Garnier a Trapolini, da Watson a Rotrou, da Racine ad Alfieri, da Hölderlin a Hasenclever, da Brecht a Grete Weil – chi ha riscritto la vicenda di Antigone ha dovuto fare i conti col dramma di Sofocle, anche laddove l’esito è un sovvertimento radicale di quel testo.

Nella mia attività di studioso mi sono dedicato intensamente alle saghe mitiche del ciclo tebano, ai personaggi che le costellano, ai nodi ermeneutici che la tradizione dei testi, specialmente quelli tragici, ci ha consegnato fin ad oggi e sui ci si arrovella da sempre: qual è la vera ‘colpa’ di Edipo? Quale il modello di conoscenza che lo contraddistingue? Fino a che punto Antigone ha ragione a ribellarsi contro le leggi della città? Perché i tragediografi modificano sensibilmente la figura di Tiresia facendone un indovino-sacerdote legato al culto di Apollo e alla religione delfica? Quali sono le qualità etico-psicologiche di Giocasta? Con tali cruciali questioni, e anche con molte altre, mi sono misurato nel corso dei decenni, senza mai avere la pretesa di giungere a risposte definitive, ma accontentandomi di inquadrare e possibilmente fare luce su alcuni aspetti particolari di un insieme che è destinato a rimanere problematico. A questi argomenti ho dedicato nel corso del tempo articoli, conferenze, interventi a convegni, libri e corsi universitari: tanti materiali sparsi che mi fa piacere poter presentare in questa raccolta. La strutturazione è molto semplice e intuitiva: la sezione “Antico” raccoglie studi specificamente dedicati all’interpretazione dei drammi ateniesi del V secolo a.C.; quella “Moderno” prende in considerazione lavori che spaziano dal Rinascimento al Novecento ed esaminano casi di ricezione in autori moderni (per esempio l’interpretazione di Nietzsche del mito di Edipo, l’Antigone di Vittorio Alfieri, il Vorspiel zur Antigone des Sophokles di Hugo von Hofmannsthal); la terza e ultima sezione, denominata “Contemporaneo”, riunisce varie recensioni di spettacoli teatrali andati in scena al Teatro Greco di Siracusa e altrove tra il 2017 e il 2023.

Guardando all’indietro nel tempo posso dire che l’interesse per la tragedia Edipo re e per le figure del ciclo tebano è sbocciato nell’ultimo anno di liceo, all’Arnaldo di Brescia, grazie soprattutto alla fortuna di avere avuto una formidabile insegnante, Rosanna Bertoli, una di quelle docenti capaci di coniugare grande dottrina con una instancabile attitudine formativa; la mia riconoscenza per quanto ho imparato da lei è enorme. È accaduto poi nell’ambiente dell’ateneo pavese, sotto la guida di un maestro esemplare quale è stato per me Diego Lanza, che gli interessi di ricerca sulla tragedia greca d’ambientazione tebana hanno assunto una direzione scientifica attraverso la tesi di laurea (sull’Edipo re) e le prime pubblicazioni accademiche. Da Hellmut Flashar, mio Doktorvater del dottorato tedesco alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera, ho imparato, tra le tante cose, ad apprezzare e valutare con l’occhio vigile del filologo classico le messinscene contemporanee. «Sofocle era prima di tutto un uomo di teatro e non si possono capire i suoi drammi se non li si vedono rappresentati sul palcoscenico», era solito affermare Flashar spronando gli allievi a frequentare il più possibile le sale teatrali per impratichirsi dei meccanismi della comunicazione drammaturgica che la semplice lettura del testo non fa trasparire. Un insegnamento che ho fatto mio e che cerco di trasmettere a mia volta ai miei allievi. Luciano Canfora è stato tutor del mio dottorato presso la Scuola Superiore di Studi Storici di San Marino, oltre che un punto di riferimento constante per la mia formazione scientifica e culturale. Da lui ho imparato a leggere i testi teatrali indagando tra le righe i risvolti politici e ideologici che vi sono sottesi, senza schematismi, ma nell’ottica di inquadrare storicamente ogni testo nel preciso momento in cui fu prodotto e rappresentato. A tutti i maestri che ho elencato va la mia massima gratitudine. Resta l’ovvia considerazione che eventuali errori nei saggi qui presentati, rivisti e corretti rispetto alla pubblicazione originaria, ricadono sotto la mia responsabilità.

Devo all’incitamento entusiasta di Carmine Fiorillo, direttore editoriale della casa editrice «petite plaisance», l’idea di raccogliere in un volume i frutti di decenni di studio, sparsi su riviste e miscellanee non sempre facilmente accessibili. Sulle prime tale proposta mi aveva sorpreso e lasciato perplesso. Pubblicare le proprie Kleine Schriften è un’incombenza che si addice solitamente a chi ha concluso o è in procinto di concludere la carriera, traguardo che al momento sento ancora molto lontano nel tempo. Poi le discussioni con amici, colleghi e allievi mi hanno fatto ricredere e ho deciso di aderire al progetto. In fondo questo volume può essere visto, anzi dal mio punto di vista deve essere visto, come tappa intermedia di un percorso che si spera possa essere ancora lungo e fecondo.

Dedico il volume alla memoria di Marinella, Bruno, Rosa e Nicoletta che mi hanno sempre accompagnato con affetto incondizionato e continuano a farlo.

Gherardo Ugolini

1 Omero, Odissea, XI, vv. 271-280.

2 Si tratta dell’episodio della Nekyia, in Omero, Odissea, XI, vv. 23 ss.

3 Omero, Iliade, XXIII, vv. 677-680. Cfr. anche Esiodo, Catalogo delle donne, fr. 192 Merkelbach-West.

4 Esiodo, Teogonia, vv. 326-330.

5 Omero, Iliade, VI, vv. 128-143.

6 È il cosiddetto Papiro di Lille: cfr. Stesicoro, fr. 97 Davies-Finglass = PMGF 222(b).

7 Pindaro, Pitiche, IV, v. 263.

8 Pindaro, Olimpiche, II, vv. 35-42.

9 Su questo rimane fondamentale lo studio di F. Zeitlin, Thebes: Theater of Self and Society in Athenian Drama, in Nothing to Do with Dionysos? Athenian Drama in its Social Context, ed. by J.J. Winkler and F.I. Zeitlin, Princeton University Press, Princeton 1990, pp. 130-167.

10 Cfr. Hypothesis II all’Edipo re di Sofocle = TrGF 4 T 39 = Dicearco, fr. 80 Wehrli.

11 S. Freud, Die Traumdeutung, Deuticke, Leipzig-Wien 1900, pp. 180-183.

12 Da quanto risulta, Antigone prima di Sofocle non è mai nominata nell’epica e nella lirica. Compare nel finale dei Sette contro Tebe di Eschilo (467 a.C.), ma si tratta certamente di una parte del dramma interpolata sulla base dell’Antigone sofoclea. Curiosamente, invece, è Ismene a comparire, per esempio in un frammento di Mimnermo (fr. 19 Gentili-Prato), citata come amante dell’eroe tebano Teoclimeno, uccisa insieme con il marito da Tideo durante la guerra tra argivi e tebani. Inoltre, in un ditirambo di Ione di Chio (datato verosimilmente dopo il 443 a.C.) le due sorelle finivano bruciate nell’incendio del tempio di Era provocato da Laodamante, figlio di Eteocle. Si può ipotizzare che si trattava di una punizione per avere infranto la legge della città dando sepoltura a Polinice. In tal caso Ione avrebbe ripreso Sofocle, ma facendo di Ismene una complice attiva della sorella, punita con lei (cfr. l’Hypothesis all’Antigone del grammatico Salustio).



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

Petite Plaisance Editrice
Associazione Culturale senza fini di lucro

Via di Valdibrana 311 51100 Pistoia tel: 0573-480013

e-mail: info@petiteplaisance.it

C.F e P.IVA 01724700479

© Editrice Petite Plaisance - hosting and web editor www.promonet.it