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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 163

Mladen Machiedo

Sintesi.

ISBN 88-7588-041-7, 2010, pp. 96, formato 105x155 mm., Euro 10.

In copertina: Vittore Carpaccio, Sacra Conversazione (1502-1512 circa), particolare. Olio su tela, Avignone, Musée du Petit-Palais, Palais des Archevêques.

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10,00

Quando mi trovo in Italia (purtroppo sempre più raramente e brevemente) sono abituato, già da tempo, a pensare in italiano, compresi i miei monologhi, per strada, a bassa voce. Perciò le poesie e poesie in prosa in questa silloge vanno considerate, com’è avvenuto del resto anche nel passato, quali auto-ricreazioni e non traduzioni nel senso consueto del termine. Ogni tanto la seconda variante mi fa ritoccare la prima. Inoltre, qualche testo – sicuramente Elegia romana ad es. – è stato scritto prima in italiano. Il problema traduttologico di base, almeno per il sottoscritto in quanto diventato autore bilingue (in italiano oltreché in croato), non si pone tanto in termini linguistici, bensì culturali, storici e geo-politici. (Specie in una poetica che, nonostante aspirazioni metafisiche, non rinuncia ad una dimensione «civile».) Alcuni testi sono trasferibili con l’aiuto delle note posposte, altri nemmeno. Ciò influisce notevolmente sulla strutturazione delle sillogi, non riproducibili nella loro forma originaria.
Più concretamente Dvostruka milost (Zagabria, 2004) è stata anticipata in italiano, durante i «lavori in corso», dal ciclo omonimo Doppia pietà, che chiudeva la mia autoantologia Poesie (Book, Bologna, 2002). Ma poi, a quei dieci testi, mi è parso opportuno aggiungerne altri quindici, sempre in italiano, ne «La Battana» (n. 155/2005). Questi, così staccati (con il rischio che quella fase rimanga alquanto «dimezzata»), si ripubblicano sotto il titolo di La casa. Al primo ciclo della presente edizione ne aggiungo altri tre: Nautilus, pubblicato in AA. VV., 80 poeti contemporanei. Omaggio a Luciano Erba per i suoi 80 anni (Interlinea, Novara, 2003), Affinché non si dimentichi…, apparso in AA. VV., Figura d’ombra. Artisti e poeti per Grytzko Mascioni (a cura di F. Zanetti e V. Righini, Pro Grigioni Italiano Valposchiavo, Sondrio, 2004) e Co-angelica, finora edita solo in croato.
L’altro ciclo è formato dai testi della mia recente silloge Nikad bolje (Mai meglio, ambivalente titolo spiegato nel Prologo qui non rifatto), l’ultima apparsa (ed. Jurčić, Zagabria, 2010). Di quest’ampia raccolta, però, non ho potuto che presentare ora una scelta, rinunciando del tutto alla originaria partizione interna (ossia ai cicli: /poesie/ Euro-etiche, Pro-Cro, Pro-litterae, Etico-metafisiche e A ritroso). Ho preferito usare il sottotitolo O tempora!, che illustrasse la seconda parte di questa mia raccolta in italiano, riservandole quale titolo complessivo Sintesi, conforme sia al testo omonimo, sia in generale alla mia sintesi poetica aggiornata in seguito alle Poesie bolognesi.
Quindi La casa e O tempora! corrispondono, sempre a livello di scelte, alle ristrutturate sillogi croate Doppia pietà (II) e Mai meglio.
Aggiungo le note che chiariscano certi «nodi», mirando appunto al benevolo destinatario italiano.

NOTE SUI TESTI
LA CASA

Linea del paradosso
Hvar (it. Lesina), in Dalmazia, circa 20 miglia a sud di Spalato, isola e capoluogo omonimo.

Alla Marana
Giovan Paolo Marana (Genova, 1642 – Parigi?, 1692?), barocco e preilluminista, autore del bilingue romanzo esotico-epistolare L’Espion du Grand Seigneur / L’esploratore Turco (Parigi, 1684). È da considerare l’inventore dell’ottica rovesciata (un turco esamina criticamente i costumi occidentali), precursore di Montesquieu (Lettres persannes, 1721) e altri.

Affinché non si dimentichi…
Grytzko Mascioni (Villa di Tirano, Lombardia, 1936 – Nizza, 2003), poeta, narratore (il romanzo Puck, 1996), drammaturgo, critico, giornalista, operatore ai programmi culturali italiani della TV svizzera, ha passato complessivamente sei anni in Croazia: a Zagabria come direttore del Centro, tra poco l’Istituto Italiano di Cultura (1992-1996, tempi quasi coincidenti con la guerra per l’indipendenza) e altri due a Dubrovnik (a cavallo tra il Novecento e il Duemila). Quale animatore culturale ha lasciato quindi in Croazia, in quanto una delle sue patrie d’elezione (accanto all’Italia, alla Svizzera, alla Francia e all’antica Grecia!) un ricordo indelebile.


La casa
Francisco Macedo, uno dei personaggi più colti del Seicento, miracolo riconosciuto di mnemotecnica, frate ostinato (gesuita prima, poi minorita francescano col «consenso dei superiori»), autore di circa 70 opere edite (per lo più in latino, ma anche in portoghese, italiano e spagnuolo), conoscitore – secondo una fonte pur giudicata alquanto iperbolica – di 22 lingue, lottò con successo presso le corti europee, durante il potere spagnuolo, per riportare al trono portoghese la dinastia di Braganza. Figura – in quanto antenato indiretto – nella genealogia della famiglia Machiedo, il cui cognome ai tempi della Serenissima (anche anteriormente al primo contratto matrimoniale a Hvar/Lesina nel 1764) assunse questa forma, sotto l’Austria Macchiedo, mentre la popolazione locale preferiva pronunciarlo «Maćedo» (grafia corrispondente a «Macedo» in italiano).
In Italia sono stati eretti a Francisco due monumenti: nella chiesa di Aracoeli a Roma e quello funebre, con un ritratto ovale a olio (tra i putti barocchi, simbolicamente danzanti sui mucchi di libri) nella chiesa di San Francesco Grande a Padova. Il terzo ritratto si conserva in un suo libro e il quarto nella Biblioteca Nazionale di Lisbona.
Partito per l’Italia non tornò mai più in patria, dove suo fratello Antonio (gesuita, noto per una missione decisiva alla corte della regina svedese Cristina) gli avrebbe pubblicato una scelta di poesie in latino (Carmina selecta, ed. postuma, Lisbona, 1683).
Colpisce la somiglianza fisica tra Francisco e mio trisavolo Girolamo Machiedo (Hvar, 1805 – ivi, 1874), archeologo e numismatico (membro corrispondente dei vari istituti europei e in contatto epistolare con Th. Mommsen), la cui ossessione permanente fu la ricerca (allora assai limitata alle fonti enciclopediche) dei due «pro-pro-zii» lusitani. In suo onore fu battezzato mio nonno Jerko, medico e uomo politico ai tempi dell’utopia panslavista, il quale (conformemente alla variante croata del nome) sopportò durante la Grande guerra la prigione austriaca prima e il confino italiano (tra Umbria e Sardegna) in seguito. Paradossalmente era laureato a Vienna e tra le sue letture preferite figuravano Manzoni, Tomasi di Lampedusa e Pasternak (in italiano).

Co-angelica
Nikola Šop (Jajce, pron. Jájze, Bosnia centrale, 1904 – Zagabria, 1982), poeta cosmico-utopico-metafisico di visioni straordinarie, da me frequentato nell’ultimo decennio della sua vita e presentato per la prima volta in italiano in una scelta antologica dall’opera omnia: In cima alla sfera (Abete, Roma, 1975; 2a ed. riveduta e accresciuta, The Bridge, Zagabria, 1990). Fu a suo tempo co-tradotto in inglese da W. H. Auden (su «Encounter», poi in Auden’s Šop, The Bridge, Zagabria, 1997). Margherita Guidacci ha dedicato a questo poeta (incontrato di persona) quattro testi in omaggio (Taccuino slavo, 1976), che a sua volta interessò vari poeti e critici italiani: Betocchi, Macrí, Jacobbi, Ramella Bagneri… nei tempi più recenti Fedora Ferluga Petronio (monografia, 2000; convegno internazionale, Udine, 2003).

I tre di Lepoglava
Lepoglava: penitenziario nella Croazia settentrionale. Vlado Gotovac (pron. Gótovaz; Imotski, 1930 – Roma, 2000), voce libera di poeta, pensatore e uomo «impegnato» che né gli anni di prigione, né quelli di divieto di pubblicazione, nell’ex-Jugoslavia, potevano farlo tacere. Nella Croazia libera, invece, fu meta d’un assurdo attentato che fece peggiorare la sua salute, ormai precaria. Visse a Zagabria e fu curato a Roma.
È presente nella mia antologia Oh, s’io fossi… Poeti croati del Novecento – 1, Quaderni di Testuale (n. 11), Lesa/Novara, 2006, rispettivamente in: www.testualecritica.it, che possa offrirne almeno un’idea di base.

Autobiografia
Due crittocitazioni sfuggono, per forza, al lettore italiano: Punti esclamativi e Pietre miliari (nel 1996, rispettivamente nel 2004) erano due antologie di poesia croata contemporanea in cui non figurava il sottoscritto. Pertanto, in un’edizione aggiornata, uno dei due curatori (colleghi-amici) si sarebbe «corretto».
O TEMPORA!

Storia
Artemidoro (IIo secolo dell’era volgare), Dell’interpretazione de’ sogni (trad. it., BUR, Milano, 1976).

Sottocomitato della Matrix croatica
Matrix croatica (Matica hrvatska in croato), così denominata nel 1874, fondata a Zagabria come «illirica» nel 1839 ai tempi del Movimento illiristico (corrispondente al Risorgimento italiano), d’utopica ispirazione panslavista. Ebbe, ed ha tuttora, in quanto istituzione culturale, un’importanza paragonabile al «Gabinetto Viesseux», comunque estesa tramite i suoi micro-centri a tutto il territorio nazionale ed ha un’editoria assai attiva.
Hanibal Lucić (1458-1553), poeta petrarchista (a cui si deve anche La Schiava, opera drammatica in versi, la cui azione veniva collocata a Dubrovnik) e Petar Hektorović (1487-1572), autore d’una lunga epistola pescatoria in versi, ambedue isolani (di Hvar) sono scrittori croati considerati «scolastici» e consacrati in quanto tali.
Giovan Francesco Biondi (cognome italianizzato di Biundović; Hvar, 1572 – Aubonne, Svizzera, 1644) conosceva il croato, però la sua fama di romanziere barocco (L’Eromena, La Donzella desterrada, Il Coralbo) è legata all’«Accademia degli Incogniti» di Venezia, di cui fu membro. Ebbe varie funzioni diplomatiche (fra Parigi, Dubrovnik, Torino e Londra, dove – fermandosi girovago – sposò la figlia del medico di corte). È leggibile nelle sue opere la nostalgia della città natale, benché qualche lettera contenga sarcastiche sferzate contro la negligenza degli «interlocutori».
Il dominicano Vinko Pribojević (Priboevo), pure lesignano, pubblicò a Venezia (nel 1532) la sua colta orazione (tenuta in patria sei anni prima) dal titolo De origine successibusque Slavorum, esempio curioso in quanto alla difesa degli slavi in latino (è del 1595 la traduzione italiana della stessa, stampata a Spalato).
Di Pribojević nessun ritratto, di Biondi ne rimane l’unico finora noto ne Le Glorie degli Incogniti (1647).


Tekavčić
Pavao Tekavčić (Zagabria, 1931 – ivi, 2007), autore dell’imponente Grammatica storica italiana (ed. Il Mulino, 3 voll., quasi 1400 pp.), già professore del sottoscritto alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Zagabria, quando la sua futura opera principale cresceva dalle promettenti dispense verso i volumi definitivi.


Per i suoi cent’anni
Post nubila Phoebus: Dopo le nubi Febo (cioè, il sole).
El Shatt: in Egitto, nella prossimità del canale di Suez, grande campo dei profughi antifascisti non combattenti, patrocinato dai partigiani (ideologicamente) e dagli alleati inglesi (in quanto alle prime necessità). Contava circa 30.000 persone che trascorsero lì, sotto le tende, gli anni conclusivi (1944-1945) della 2a guerra mondiale.


Elegia romana
Le persone menzionate per nome sono: Accrocca, Vivaldi, Vóllaro, la Guidacci, Spagnoletti, Jacobbi, Landi e Cudini.

Le divise
Via Rockefeller: a Zagabria, l’autore ci visse dal suo 2o al 18o anno.
I Volksdeutscher: minoranza tedesca che, per convinzione o inerzia, sosteneva il nazismo. A «liberazione» avvenuta dovette pagare drasticamente, perfino senza il minimo sospetto di tale appoggio.
‘Frau M…’ – «Signora Machiedo, dov’è Suo marito?»
‘Sind Sie…’ – «Ma Lei è ancora qui?» (Da sottintendere: e non in prigione o in un campo di concentramento!)
‘Stato indipendente’ di Croazia (1941-1945), quello di A. Pavelić alleato di Hitler e, soprattutto, di Mussolini, al quale aveva ceduto buona parte della costa dalmata con isole. Inoltre aveva voluto incoronare – grottescamente – un innocente Savoia quale nuovo Tomislao (così denominato in omaggio a Tomislav, suo illustre precedente medievale).
Istituto Igienico (Higijenski zavod), tuttora esistente, allora quartier generale tedesco (nella Croazia «indipendente»!).
‘Signora, ci pare…’, in italiano nel testo originale.
Željeznička kolonija (toponimo), Colonia ferroviaria, sobborgo chiamato così in quanto composto dai casamenti lungo la ferrovia e abitato dai ferrovieri. Senza edifici che coprissero l’orizzonte allora si vedeva in lontananza da via Rockefeller.
Šalata (altro toponimo), Insalata, per il suo verde, diventata col tempo quartiere residenziale. Durante la seconda guerra mondiale sormontata dalla contraerea tedesca.
Seconda ‘Yu’: in croato gergalmente «Jugovina», aria di scirocco, ma con l’allusione all’ex-stato (la Jugoslavia).
Erzegovese, naturalmente: lo «stato indipendente» considerava gli erzegovesi tra i più fedeli al regime.
A proposito di ‘Tu ćemo, bre…’: I croati reparti partigiani venivano stazionati fermi fuori della città, in quanto non dovevano liberarla per primi. Così, più agevolmente venne effettuata la rapida «pulizia etnica» prima della loro entrata. Le foibe, quindi, non furono solo quelle italiane in Istria. Ne è tuttora piena la Slovenia senza menzionare il sud-est austriaco.
El Shatt: si veda la nota relativa a Per i suoi cent’anni.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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