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Cat.n. 424

Mario Quaranta

L’impresa dei filosofi. Saggi e assaggi sul pensiero italiano del Novecento. A cura di Ercole Chiari.

ISBN 978-88-7588-348-5, 2023, pp. 512, formato 140x210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [157].

In copertina: Gustav Klimt, Philosophie, 1898-1907.

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35,00

Presentazione

Quando, nel giugno del 2020, si rivelò il male che doveva portarlo via, Mario stava approntando un suo “saggiotto” (come lui chiamava i suoi scritti), su un argomento che molto amava, il pragmatismo, o meglio su un autore (Fogazzaro) che passa solo per modernista, ma Mario riteneva (anche) legato al pragmatismo; e, come usava fare non in corpore vili, ma con gli amici, me ne aveva mandato alcune pagine, chiedendo un giudizio. Continuava cioè a fare quello che aveva fatto per più di cinquant’anni, e che lui stesso, in sintesi, parlando di sé, presentava così:

“Mario Quaranta, nato a Ferrara, vive e lavora a Padova. Ha insegnato per trent’anni storia e filosofia nei licei; ha collaborato alla Storia del pensiero filosofico e scientifico di Ludovico Geymonat con tre capitoli sulla filosofia italiana dell’Ottocento e del Novecento. È stato tra i fondatori dell’Istituto Geymonat per la filosofia della scienza con sede a Milano. Ha curato l’opera omnia di Giovanni Vailati in tre volumi (Sala Bolognese, Forni editore, 1987), e, recentemente, un’antologia di scritti (Vailati, Gli strumenti della ragione, Padova, Il Poligrafo, 2003). Ha pubblicato libri e saggi sulla cultura filosofica italiana e francese dell’Otto e Novecento. È segretario di redazione della rivista «Scienza e storia» e direttore responsabile di «Insegnare filosofia oggi». Inoltre, è responsabile dell’«Istituto Giulio Cesare Ferrari per la psicologia», e collabora, come giornalista, a riviste e giornali. È socio ordinario dell’Accademia galileiana di Scienze Lettere ed Arti”.

Quindi, in sintesi, Mario era un bravo (e stimato) insegnante di filosofia di un rinomato liceo cittadino, ma anche uno studioso di storia della filosofia e più in generale della cultura, segnatamente del Novecento italiano; ma non come due mestieri distinti, bensì come due aspetti della stessa attività, in quanto la ricerca andava a nutrire e consolidare le informazioni e i giudizi che metteva a disposizione dei suoi alunni, e lo rendeva, come ha detto giustamente un altro amico, un docente carismatico. Era anche merito del suo carattere aperto e amichevole, mai ostile o prevenuto nei confronti di qualcuno, a cominciare da quelli che non la pensavano come lui, se a suo giudizio erano “intelligenti”.

Con queste caratteristiche, egli faceva parte di un tipo di insegnanti di cui, mi pare, si sta purtroppo perdendo la specie. Diciamo, quelli che dopo la laurea non tralasciavano gli studi, e mantenevano rapporti con l’Università, per aggiornamento e anche per appartenenza a una scuola, e producevano scritti anche di valore; quando cioè licei e università non erano distinti e distanti, ma costituivano la base di una continuità di interessi e di studi. Quaranta, poi, occupava una posizione particolare in questa categoria: mentre infatti alcuni docenti universitari si chiudono in una loro piccola specialità, egli non solo aveva competenza un po’ su tutta la storia della filosofia, ma in quella specialità che anche lui aveva scelto come sua era molto più informato di molti docenti universitari suoi coetanei o di lui più giovani.

Ma c’è anche di più. Indubbiamente, più di molti di questi docenti Quaranta era attivo e intraprendente. Non bisogna infatti dimenticare l’attività di editore di testi (di Vailati, di Ferrari), di scopritore di documenti, di consulente editoriale, di organizzatore di studi e di valorizzatore di giovani studiosi, e infine di giornalista culturale, attento ad ogni novità (i suoi articoli, talvolta piccoli saggi per diverse riviste locali, sono stati anche raccolti in volumi, come Segno veneto e Protagonisti del Novecento). Per questo, specie sul pensiero del Novecento, anche i più agguerriti cattedratici ricorrevano a lui per compilare profili di filosofi; ad es. Volpi per il Dizionario delle opere filosofiche.

Non possiamo dire che la somma dei suoi saggi costituisca una ricostruzione completa e organica su tutto il pensiero italiano del Novecento. A Quaranta interessava seguire uno specifico filone della riflessione filosofica del Novecento, quella di un pensiero critico aperto alla scienza e impegnato nella trasformazione civile del Paese; da questo punto di vista, il percorso da lui tracciato ha una effettiva organicità, anche se spesso i suoi saggi sono stati prodotti da occasioni e non da una programmazione esplicita (tuttavia il quadro di riferimento è delineato già dagli anni Settanta, e reperibile nei capitoli della Storia del pensiero filosofico e scientifico).1

Quindi non sono presenti nella sua bibliografia saggi su personaggi anche di primo piano (Croce, Gentile, eredi e prosecutori dell’idealismo), caratterizzati però da un atteggiamento culturalistico e sostanzialmente evasivo di fronte ai problemi effettivi della società, e perciò conservatore, al di là delle intenzioni e delle dichiarazioni. Non si tratta di militanza politica, ma dell’elaborazione di una visione della realtà che porti o permetta una trasformazione di assetti socioeconomici squilibrati e iniqui, e non si attardi su problemi che interessino poche persone (élites), ma le cui spese sono poi pagate da tutti, anzi meglio “dagli altri”.

Inoltre, più che all’aspetto astrattamente teoretico (che pure approfondisce con competenza e acribia in diverse occasioni, ma pour cause), Quaranta è interessato alla risonanza culturale e socio-politica delle diverse posizioni, consapevole che il filosofo non vive in una sua turris eburnea, ma ha una posizione e una funzione sociale e politica (talora anche economica), e che su questa agiscono le sue posizioni teoriche. Per questo Quaranta mai attribuisce ai filosofi una intelligenza specifica nella comprensione della realtà (la “teoresi”), ma espone in maniera precisa e concreta i ragionamenti che essi sviluppano per sostenere le loro posizio­ni. Soprattutto, però, egli ne approfondisce le ricadute pratiche (sociali, politiche, ideologiche), che danno rilievo e significato al loro operare all’interno della loro società.

La scelta di questa linea di approfondimento della filosofia italiana del Novecento, peraltro, non è priva di un sottinteso di carattere dottrinale o, se si vuole, ideologico. Più in particolare, egli aderisce al programma di un razionalismo moderno, a suo giudizio rappresentato soprattutto da Ludovico Geymonat, di cui condivide i motivi fondamentali, fin dalla sua tesi di laurea, che aveva per oggetto appunto l’evoluzione filosofica di Geymonat. Oltre all’illustrazione evidentemente partecipata del pensiero di Geymonat, di questo razionalismo egli dà una definizione che riteniamo fondamentale anche per la segnalazione di problemi cui la ricerca dovrebbe rivolgersi, nei Quaderni razionalisti.

Quaderni razionalisti nascono dalla necessità, avvertita da molti, di intervenire in una congiuntura culturale che vede la ragione, e in particolare la razionalità scientifica, al centro di una critica così drastica da approdare spesso al rifiuto della idea stessa di razionalità e di oggettività.

Noi riteniamo, al contrario, che la difesa della ragione in tutti i campi dell’attività umana, e con essa l’accoglimento di una tradizione laica e razionalista che ha profonde radici nella cultura italiana ed europea, costituisca un compito di primaria importanza …

Molti riconoscono che dopo i moti del ’68 e quelli del ’77 ci troviamo di fronte a una nuova fase del dibattito teorico-pratico. Attraversiamo un momento di grandi revisioni culturali che stimola un’autentica ricerca di nuove forme di razionalità, richieste e rese possibili dalla sempre più complessa articolazione del sapere, ma anche un momento di rinascita di nuove forme di religiosità e di ritualismi che conquistano larghe adesioni specie tra i giovani, e che sarebbe un grave errore considerare con sufficienza. Questi fenomeni sono il segno dell’impatto fra ragione e una realtà in rapida accelerazione per la quale vanno elaborati adeguati dispositivi di conoscenza.

Ne è conferma il rilievo particolare che ha assunto anche da noi la discussione sulle “scienze umane”. Va riconosciuto che psicoanalisi, antropologia, sociologia, semiotica, hanno contribuito ad allargare l’immagine della scienza, ridi­scutendone lo statuto epistemologico e delineando forme diverse di conoscenza … Nei confronti di tali problemi c’è una volontà di risposta, che viene specie dalle nuove generazioni, e non può essere trattata sbrigativamente, o, peggio, con la rimozione e il dileggio, ma cogliendo gli autentici bisogni che sono al fondo dei nuovi orientamenti.

La ragione cui ci riferiamo intende inserirsi in una ben precisa tradizione, ma non è disposta a rinchiudersi dogmaticamente in essa; anzi, si propone di muoversi sul perimetro di un’esperienza storica e culturale che si fa sempre più larga e complessa.

Comunque, uno dei punti fermi è per noi la difesa del valore conoscitivo della scienza, nella persuasione che scienza, razionalità e oggettività sono saldamente unite, costituendo un tutt’uno fuori del quale si va nella direzione del sog­gettivismo. Resta naturalmente la necessità di sviluppare ulteriormente tale posizione …

L’esigenza iniziale e prioritaria è dunque quella di porsi, sui problemi di più viva attualità, secondo una “tradizione della ragione” la quale non chiuda la ragione in una forma di autoesaltazione ma sottolinei le sue possibilità indagatorie, la capacità di rimettere in discussione i risultati raggiunti, le certezze dogmatiche, le “verità” del potere.

A questo proposito, va precisato che noi rifiutiamo di intendere la ragione come strumento di “razionalizzazione” del potere, e la consideriamo invece come criterio in relazione al quale il potere va piuttosto sottoposto a rigorose analisi critiche.

Da questo punto di vista, porteremo una particolare attenzione al razionalismo marxiano, oggi al centro di un esteso e approfondito dibattito, in Italia e fuori. Si può certo essere razionalisti senza per questo essere marxisti; ma non esiste oggi settore della cultura dove il marxismo non si incontri o scontri – producendo inesauribili e, per alcuni, sedicenti, rinnovamenti – con altri orientamenti di pensiero.

D’altra parte, in un progetto culturale che si richiami al razionalismo, va indicato energicamente il pericolo che l’appello alla ragione possa essere strumentalmente assunto da una borghesia conservatrice, la quale, identificando la difesa della ragione con quella dell’attuale società, accusa di essere “irrazionalisti” coloro che intendono modificarla.

Al contrario, va riaffermata la funzione critica e innovatrice della ragione, la sua capacità di compiere analisi spregiudicate della cultura e della società, al fine di prospettare soluzioni nuove, adeguate alla complessità dei problemi oggi emergenti.2

In funzione di questa concezione della ricerca filosofica abbiamo ritenuto giusto dare come titolo a questa ricostruzione L’impresa dei filosofi, saggi e assaggi sulla cultura dei filosofi italiani del Novecento, che in sostanza inquadra le posizioni filosofiche come operazioni culturali, da collocare all’interno di ben precise situazioni civili. Ne avevo parlato più di una volta con Quaranta, sollecitandolo a produrre una sintesi delle sue ricerche e dei suoi scritti; e gliene ho riparlato in uno degli ultimi incontri, chiedendogli di indicarmi dove, nella massa dei libri che occupavano la sua casa, potevo ritrovarli rapidamente, e di darmi anche indicazioni operative per utilizzarli e ordinarli. Ora ne raccolgo le suggestioni nella costruzione di questi percorsi (termine a lui caro, e utilizzato in alcune sue raccolte di saggi).3

Dei suoi scritti, noi percorreremo i temi dislocandoli su un filo storico; non ci proponiamo di darne una informazione esteriore, bibliografica, rimandando alla lettura diretta. Questa di fatto può essere resa precaria per la difficoltà a procurarsi i testi; anche per questo daremo di regola direttamente a lui la parola, citandolo in maniera sistematica, in modo che in un solo volume possa rimanere la documentazione del suo lavoro, e la memoria del suo giudizio storiografico.4

Ercole Chiari

1 Il quadro in un certo senso più organico del periodo da noi considerato si trova nella Storia del pensiero filosofico e scientifico di Geymonat, in tre capitoli stesi da Quaranta sulla filosofia italiana tra il Positivismo e la crisi dell’idealismo, naturalmente con altra impostazione. Di questi capitoli citeremo qualche passo, relativamente agli orientamenti generali. Viceversa, di altri (pochi) saggi che non rientrano nella sua linea di lettura della filosofia italiana del Novecento, trarremo qualche osservazione specifica, che riprodurremo in nota.

2 Da Quaderni razionalisti, 1, dicembre-gennaio 1981-1982; il numero aveva come tema “Ragione e rivoluzione”.

3 I centri di interessi della sua ricerca sono in qualche modo indicati da Quaranta stesso, in un abbozzo di bibliografia da lui redatto in vista della cooptazione nell’Accademia galileiana di Scienze Lettere e Arti (avvenuta nel 2016), che divide in queste categorie: Filosofi e Storia della filosofia; Sul pragmatismo; Sul positivismo; Su Ludovico Geymonat; Sulla scuola. Da parte nostra, seguiremo gli argomenti più legati alla filosofia italiana del Novecento. Le fonti su questi argomenti non sono uniformi: alcune costituiscono dei saggi analitici, altre delle panoramiche sintetiche. Noi rispetteremo queste difformità, anche perché i saggi analitici riguardano temi e autori meno presenti nella pubblicistica corrente, ma che meritano di essere ricordati per il loro impegno non solo teorico ma di civiltà.

4 Una differenza dobbiamo rilevare, in confronto alle soluzioni tipografiche dei saggi originari, che adoperano virgolettature diverse. Per uniformità, noi adottiamo la soluzione di riferire il testo di Quaranta tra apici ‘’, e le citazioni che egli fa dei testi degli autori tra virgolette “”. Gli apici che riproducono i testi di Quaranta sono stati scelti anche per appesantire il meno possibile la pagina dal punto di vista grafico, vista l’abbondanza delle citazioni.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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