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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 477

Eric Donald Hirsch, Jr.

Le scuole di cui abbiamo bisogno e perché non le abbiamo. Prima edizione: The Schools We Need, And Why We Dont't Have Them, Doubleday, 1996. Traduzione e cura di Paolo Di Remigio e Fausto Di Biase.

ISBN 978-88-7588-384-3, 2024, pp. 304, formato 170x240 mm., Euro 30 – Collana “Divergenze” [88]

In copertina: Euclide, Elementi, III libro, V teorema.

indice - presentazione - autore - sintesi

30,00

Sono grato a molti amici e educatori dell’incoraggiamento che ha alimentato la mia energia durante la redazione di questo libro.

Mi sono arrischiato a chiedere una critica del manoscritto ai migliori studiosi e scienziati che potessi immaginare, non osando sperare che trovassero il tempo per eseguire l’incombenza gravosa. Tutti hanno risposto con accuratezza e rapidità stupefacente.

Tre studiosi si sono prodigati a revisionare l’intero manoscritto. Sono Chester E. Finn, Jr., che possiede acume incomparabile, una conoscenza generale della scena politica e abilità editoriali leggendarie; Diane Ravitch, dalla mente acuta e dall’impareggiabile conoscenza della storia dell’istruzione americana contemporanea, tali da farne oggi lo storico eminente dell’istruzione; e Robert Siegler, uno psicologo cognitivo di grande importanza, che non conoscevo, ma che, profondamente impegnato a migliorare l’istruzione dei bambini, ha accettato di esaminare la parte scientifica del libro e ha offerto un dettagliato commento di enorme utilità.

Carl Bereiter, David Breneman, David Geary, John Holdren, Michael Marshall, Albert Shanker, Herbert Walberg, Clint Wilkinson e Dan Willingham hanno offerto altri commenti esperti sul manoscritto. Marilyn J. Adams, John J. Adams, John Bishop, Ronald Ferguson, Connie Juel, John Kelleher, Daniel Koretz, Archie LaPointe, John Lloyd, Brenda Loyd, Jean Osborn, Sandra Scarr, Harold Stevenson e Sara Tarver hanno offerto generose risposte a quesiti su punti specifici.

Brillante, incoraggiante, informato e instancabile, Michael Angell è stato il mio assistente alle ricerche, che mi ha portato molti chili di fotocopie e di libri, così da permettermi di concentrarmi sulla loro lettura anziché sul loro reperimento.

A una categoria speciale appartiene mia moglie Polly Hirsch, critica acuta di ogni parola di questo libro in ogni fase della sua redazione. Pazientemente tollerante delle mie ossessioni, mi ha guidato con gentilezza per i sentieri del solido buon senso e verso una comprensione indulgente delle buone intenzioni dietro le pratiche pedagogiche, perfino quelle più vergognosamente fallimentari.

Sono colmo di gratitudine per tutto questo aiuto, che poteva giungere solo da un sentimento condiviso dell’urgenza di ciò che questo libro cerca di fare. Nessuno di questi eminenti studiosi, educatori e scienziati, cui debbo così tanto, può tuttavia essere considerato responsabile di qualunque limite in questa esposizione. I difetti sono tutti miei.

Che questo libro sia stato accolto nel 1996 da elogi rispettosi e non da rigetto ideologico, mi ha permesso di capire che dal 1987, quando la pubblicazione di Alfabetizzazione culturale suscitò l’aspra ostilità dei pedagogisti, si è verificato un cambiamento del pensiero pedagogico nel nostro paese. Il 1987 non era il momento giusto perché le idee di quel libro avessero ascolto. Per parafrasare Matthew Arnold: affinché un’idea abbia ascolto, «devono concorrere due forze, la forza dell’[idea] e la forza del momento, e l’[idea] non è sufficiente senza il momento». Che differenza crea un decennio? Oltre a suscitare recensioni gratificanti, Le scuole di cui abbiamo bisogno mi ha recato lettere di sostegno, scritte non solo da genitori e cittadini, ma anche da professori di pedagogia; ne è seguita un’ampia corrispondenza, che è maturata in molte amicizie. Il libro mi ha introdotto in un mondo in rete di attivisti dell’istruzione, uniti dalla loro determinazione ad aiutare le nostre scuole pubbliche perché adempiano i grandi scopi fondanti dell’educazione democratica.

Particolarmente gradevole è stato il mio inserimento in un gruppo molto variegato che si chiama Matematicamente Corretto, composto da scienziati californiani di intelligenza sublime e da genitori preoccupati soprattutto dell’istruzione matematica e che avevano già elaborato da soli molte delle idee di questo libro. Essi hanno visto nel mio schieramento di prove una conferma teorica di ciò che avevano sospettato sul «mondo immaginario» della pedagogia progressista americana. Nel 1998, vincendo l’opposizione degli «esperti», hanno persuaso il Consiglio dell’Istruzione dello Stato di California a istituire obiettivi matematici rigorosi nelle classi prime. La loro vittoria appartiene ai bambini della California e allo Stato nel suo complesso.

Alcuni lettori hanno intravvisto in questo libro una difesa dell’istruzione «tradizionale» e un attacco a quella «progressista». Si tratta di una semplificazione esagerata. Non mi oppongo ai metodi pedagogici progressisti, qualora li si offra in dosi ragionevoli e li si applichi con sagacia sufficiente a farli funzionare per tutti gli alunni; mi oppongo all’ostilità sbagliata contro l’esercizio frequente delle abilità procedurali, come quelle richieste per decodificare la scrittura alfabetica o per padroneggiare gli algoritmi matematici – l’esercitazione necessaria, denigrata come «ripetizione e mortificazione»1. Più di tutto, mi oppongo alla denigrazione anti-intellettuale della «pura informazione», che caratterizza la tradizione romantico-progressista.

In questi tre anni dalla pubblicazione del libro, parecchie sue proposte concrete hanno fatto progressi – in particolare la proposta di introdurre criteri di contenuto classe per classe nei primi anni. Un movimento di riforma molto speciale che incarna questa proposta – il movimento di Conoscenza di base – ha fatto un grande progresso, e ora abbraccia circa 900 scuole, rispetto alle circa 250 esistenti quando il libro è stato pubblicato per la prima volta. La prima edizione di Le scuole di cui abbiamo bisogno era dedicata agli insegnanti e ai presidi delle scuole di Conoscenza di base già esistenti, e rinnovo qui quella dedica riconoscente – alle parecchie migliaia di nuovi insegnanti di Conoscenza di base che hanno fatto proprio l’arduo impegno di insegnare un contenuto valido nelle prime classi. I risultati hanno premiato il loro duro lavoro e la loro collegialità professionale. Studi scientifici in numero crescente mostrano gli effetti importanti di un ricco curricolo centrale sulla preparazione degli alunni, e questo ha fatto di Conoscenza di base uno dei pochi programmi giudicati «promettenti» da una guida al consumo ben documentata, finanziata di recente dalla Federazione Americana degli Insegnanti, dall’Associazione Nazionale per l’Istruzione e da altre organizzazioni professionali2. Secondo questa guida, i programmi che producono un risultato evidentemente migliore negli alunni sono quei generi di programmi dei quali la ricerca scientifica corrente prevede che dovrebbero produrre il miglioramento degli alunni. Al contrario, alcu­ni programmi di riforma ben finanziati, che hanno seguito i principi progressisti, hanno prodotto risultati scarsi o futili. Se la tendenza di questi studi indipendenti continua, potremo infine testimoniare la vittoria della ricerca scientifica disinteressata sull’ideologia – la finalità su cui si insiste nel capitolo 5, intitolato «La rivincita della realtà».

Ringrazio l’editore per la sua decisione di pubblicare questo lavoro teorico in forma di edizione economica commerciale. Possa raggiungere un circolo di genitori e di cittadini sensibili ancora più ampio di quello stupendo che ha incontrato durante la sua esistenza in copertina rigida.

Eric Donald Hirsch, Jr.

Charlottesville, Virginia, 1999

1 «Drill and kill», vale a dire: «Addestra l’alunno a forza di ripetizioni meccaniche e mortifica la sua motivazione a imparare» (N. d. T.).

2 Hermann, R. e altri, An Educator’s Guide to School Reform, American Institutes for Research, Washington, D.C., 1999, disponibile sul web all’indirizzo www.aasa.org. Per raggiungere la categoria più alta, una riforma deve mostrare effetti significativi in almeno quattro studi controllati indipendenti. Conoscenza di base ha ottenuto questo numero magico solo quattro settimane dopo che la Guide è stata pubblicata, e senza dubbio a suo tempo raggiungerà la categoria più alta insieme a programmi di pratica intensiva per le abilità procedurali come Direct Instruction e Success for All. All’indirizzo www.coreknowledge.org si può trovare un compendio delle valutazioni recenti di Conoscenza di base da parte dei ricercatori della John Hopkins e di altri.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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